Al suo ritorno in calendario, più che da una grippante stesa di asfalto, la pista di Istanbul sembra essere ricoperta da una sottile lamina di ghiaccio, tale è il grado di scivolosità che questa conferisce a qualsiasi veicolo vi passi sopra. Con sommo imbarazzo degli organizzatori che, per questo, fanno ricorso a metodi di gommatura inconsueti.
La Formula 1 torna in Turchia dopo una lunga assenza, ma non tutto sembra andare secondo i piani previsti. Sin dall’ingresso in pista, avvenuto nel corso delle FP1, la superficie dell’autodromo è apparsa particolarmente scivolosa e, dunque, scarsamente, o per nulla, gommata. Tutto ciò stride fortemente con la richiesta di elevato carico aerodinamico che si richiede alle vetture al fine di affrontare al meglio le tortuose curve del circuito turco e la, attualmente, bassa abrasione dell’asfalto non sembra favorire il processo di gommatura che normalmente avviene dopo un’intera giornata di prove. Questa lentissima progressione, resa ancor più difficoltosa dalla poca attività agonistica del tracciato, permette di ipotizzare che il livello di grip del bitume possa arrivare ad un livello vagamente accettabile solo nella giornata di domenica, quando si saranno accumulati gli strati di gomma derivanti dalle attività del venerdì e del sabato.
Il fatto che il manto stradale dell’Istanbul Park sia incredibilmente poco performante è ulteriormente sottolineato, oltre che dalle lamentele dei piloti, dalla particolare tendenza che le monoposto hanno nel proseguire la fase di scivolamento che porta al testacoda. Le vetture di Formula 1, a causa dell’altissimo carico aerodinamico che le caratterizza, sono infatti poco propense a manovre correttive eccessive e, ancor meno, a delle vere e proprie derapate, in quanto il contrasto tra la perdita di grip delle gomme e l’elevato carico che le ali continuano a contribuire porta all’innesco di un effetto pendolo raramente recuperabile e di rapidissima esecuzione mentre, in questo caso e in contrapposizione con quanto detto, quella a cui si assiste è una scivolata prolungata e progressiva, in cui le mescole sembrano veleggiare indisturbate sull’asfalto senza ulteriori perturbazioni di sorta. In altre parole, l’effetto che tale carenza produce è molto simile a quel che si vedrebbe in condizioni di aquaplaning o di presenza di ghiaccio, con conseguente riduzione della confidenza che i piloti hanno col mezzo e con le gomme, fatto salvo coloro che, come Charles Leclerc e Max Verstappen, presentano altissimi livelli di reattività alle perdite di aderenza e che favoriscono, quasi conseguente, condizioni di basso grip al retrotreno.
Per risolvere tale problema, rivelatosi imbarazzante, gli organizzatori hanno fatto ricorso a metodi molto poco ortodossi, come inviare in pista un’intera squadra di persone che, munite di vetture a noleggio, hanno provveduto a zigzagare o a derapare lungo tutto il circuito. Una soluzione che fa sorridere ma che, all’atto pratico, si traduce in un nulla di fatto, visto lo scarso degrado di una mescola stradale e del pochissimo materiale che delle normali vetture di serie, dotate di coperture altrettanto ordinarie, possono depositare su pista in appena qualche ora. Per questo, i piloti dovranno far appello a tutta la loro sensibilità al fine di evitare un valzer di giravolte che rischia di essere ballato da tantissime vetture.