In un’edizione settembrina e senza pubblico della corsa più impegnativa al mondo, la spunta Toyota, che conquista il terzo successo consecutivo. Prima vittoria di United Autosport in LMP2, doppio trionfo di Aston Martin in entrambe le classi GTE.
A inizio anno, nessuno avrebbe immaginato di assistere ad una 24 Ore di Le Mans in un periodo e in un clima differente da quello di Giugno, dove il sole lascia il circuito de La Sarthe in quella che, a queste latitudini, è la prima serata, e dove il pubblico, con il suo continuo andirivieni attorno ai quasi tredici chilometri e mezzo del tracciato è parte integrante della corsa stessa. Tuttavia, la ben nota emergenza sanitaria che tutti conosciamo ha costretto a rimodulare persino orari, periodo e abitudini che altrimenti caratterizzano questo grande classico dell’automobilismo che viene, per questo, eccezionalmente spostato a ridosso della stagione autunnale e con un forzato svolgimento a porte chiuse.
Ciononostante, la corsa più bella, pazza e dura al mondo non ha comunque deluso le aspettative e colpi di scena e lotte continue hanno caratterizzato in gran parte lo svolgimento della gara. E se la lotta in classe LMP1 è stata sedata al vertice quasi in principio, prevalentemente a causa della netta superiorità della Toyota nei confronti delle Rebellion e della ByKolles, entrambe non ibride, lo stesso non può esser detto se si guarda tutto il resto della griglia a partire dalle LMP2. A causa dei tanti eventi ai quali i tradizionali spettatori sono largamente abituati, e dunque includendo le varie Slow Zone, Full Course Yellow e Safety Car, quella andata in scena tra le varie vetture LMP2 e GTE è stata una battaglia durata, letteralmente, fino all’ultimo giro, con i bassissimi distacchi finali pronti a testimoniare quanto serrata sia stata la mezz’ora finale della corsa. La settimana di Le Mans si presenta in una forma molto più compatta e differente se confrontata a quella che, tradizionalmente, caratterizza l’approccio all’evento, con modifiche sostanziali nel calendario e nel format che costringono i vari team ad una tabella di marcia più impegnativa del solito e senza possibilità di riposo. La qualifica, che a Le Mans, si sa, assume un ruolo diverso da qualsiasi altra normale sessione in una gara sprint, presenta i valori in campo a cui si è solitamente abituati da qualche tempo a questa parte, fatto salvo l’exploit di Rebellion, in grado di lottare direttamente e a più riprese con le Toyota TS050 a causa di un handicap prestazionale posto su queste ultime, pur senza impedire che una di esse potesse piazzarsi prima delle due vetture svizzere di classe LMP1 e con la Toyota numero 8 a chiudere il terzetto avanzato. In classe LMP2 è pole della United Autosport, a cui si accodano le vetture numero 26 e numero 29 della G‑Drive e del Racing Team Netherland rispettivamente, mentre, in GTE-Pro, a posizionarsi in testa è la Porsche ufficiale numero 91, che la spunta dopo un bel contrasto con la Ferrari numero 51 di AF Corse e, dunque, in maniera invertita rispetto alla classe GTE-Am, dove le prime due posizioni vedono la Ferrari numero 61 del Luzich Racing in testa e la Porsche del Dempsey-Proton numero 77 in seconda piazza. A completare le prime tre posizioni delle due classi GTE troviamo, nell’ordine, la Aston Martin Vantage numero 95 del team ufficiale e la Porsche 911 RSR del Project 1.
La corsa, come spesso avviene, inizia con un ritmo più simile a quello di una gara sprint che non di una di durata e le lotte per la testa iniziano già alla primissima curva, come testimoniato anche dall’assalto tentato dalla Rebellion R13 in quel momento guidata da Bruno Senna e dai vari movimenti nelle classi LMP2 e GTE destinati a durare fino allo scoccare della ventiquattresima ora. Nello specifico, è opportuno porre l’attenzione su quanto avviene in classe GTE-Pro, ove si assiste ad un immediato crollo nelle prestazioni da parte delle Porsche ufficiali, che si chiamano immediatamente e involontariamente fuori dalla lotta sin dal principio, pur non patendo la medesima sofferenza nella classe GTE-Am dove, nelle mani dei vari Dempsey-Proton e Project 1, riescono a ben figurare sin da subito. Le diverse condizioni climatiche offerte dal mese di Settembre pongono subito una forte sfida a piloti e strateghi che, a causa delle temperature mediamente più basse e alla minor durata delle ore di luce, sono costretti a fare i conti con una maggiore attenzione nella gestione dell’intero pacchetto, pur potendo trarre un netto beneficio dalla minore abrasione delle mescole derivante proprio dalla mancanza della calura tipicamente estiva altrimenti caratteristica di Le Mans. E se da un lato questo implica un minor numero di grattacapi in materia di consumi e stress termici, dall’altro presenta non poche difficoltà a livello di tenuta di strada che, a causa del naturale arrivo della notte e della relativa frescura, subisce un vero e proprio crollo, pur garantendo un afflusso di aria più densa e fresca al motore di quanta non se ne riceva in quel di Giugno.
E proprio la notte, oltre ad essere la componente più affascinante dell’intera 24 Ore, diviene uno dei momenti chiave di tutta la corsa e, anche in questa edizione, essa non fa eccezione. Gli episodi incidentali si susseguono secondo una frequenza elevatissima non appena il sole lascia spazio alle tenebre ed ecco che, in un ordine non meglio precisato, sono diversi i veicoli che, per una ragione o un’altra, si ritrovano con dei problemi o, nella peggiore delle ipotesi, contro una barriera e di esempi, in tal merito, se ne possono fare tanti. Tra i primi, è opportuno citare quello dell’unico prototipo schierato dalla ByKolles che, vittima di un cedimento strutturale nel mezzo delle Esses, perde l’alettone posteriore ed esce di pista in malo modo, con conseguente ritiro. Da qui in poi, sono diversi gli eventi che caratterizzano il prosieguo della notte e, ai vertici, si assiste anche a qualche momento di incertezza della Toyota numero 7 che, vittima di alcune noie tecniche, cede il passo sia alla compagna di squadra, sia alle due Rebellion, destinate a combattere tra di loro almeno fin quando la TS050 in questione non ritornerà a far capolino sul podio, complice anche qualche problema e alcune incomprensioni che riguardano proprio i prototipi del team svizzero. Nel mentre, la Ferrari di AF Corse prende saldamente in mano le redini della GTE-Pro e lo fa dopo una lunga e avvincente lotta con le Aston Martin Vantage ufficiali.
La notte svanisce e lascia il posto alla cosiddetta “Happy Hour” del mattino e gli equilibri tornano nuovamente a ridefinirsi. Nella mattinata che porta alle ultime ore di gara, infatti, si assiste ad un bisticcio tra le due Rebellion, tra loro vicine, che si trovano rispettivamente in seconda e terza piazza, mentre la Toyota numero 8 è saldamente al comando con cinque giri di vantaggio. Complice qualche cambio nella strategia, il recupero della Toyota numero 7 e qualche esitazione ai box dovuta a un leggero impaccio della trasmissione, la Rebellion numero 3 dell’equipaggio Berthon, Delétraz e Dumas viene definitivamente scalzata dal podio, mentre la vettura “sorella” sembra essere avviata ad un solido risultato finale a causa di un vantaggio più che consolidato e maturato nella notte. Una ulteriore Safety Car, giunta circa a mezz’ora dalla scadenza delle ventiquattro ore, permette di rimescolare le carte e a giovarne sono tanto le vetture di classe LMP2, che vedono ormai la numero 22 dello United Autosport alternarsi con la vicinissima numero 38 del Jota Sport a suon di pit-stop, quanto quelle delle classi GTE dove, pur essendo ormai quasi certa la leadership di Aston Martin in ambedue le categorie, vi è ancora qualche possibilità di attacco sia parte della Ferrari numero 51 di AF Corse per la GTE-Pro, sia della Porsche numero 77 del Dempsey-Proton in GTE-Am. Alla conclusione della corsa, l’ordine di arrivo vede la Toyota numero 8 quale vincitrice assoluta, con le restanti posizioni del podio occupate dalla Rebellion numero 1, seconda, e dalla Toyota numero 8, terza. In LMP2 trionfa, per la prima volta, la Oreca 07 numero 22 della United Autosport, a cui si accoda la medesima vettura numero 38 del Jota Sport, tra l’altro gommata Good Year, e con la numero 31 del Panis Racing che conquista il primo podio per il neonato team fondato dall’ex pilota francese vincitore del Gran Premio di Monaco nel 1996. In classe GTE-Pro, la vittoria viene firmata dalla Aston Martin numero 97, che condivide il podio con la Ferrari numero 51 di AF Corse e con l’altra Vantage ufficiale numero 95, bissando tale risultato anche in GTE-Am, dove Aston ha la meglio con il TF Sport, vincitore, seguito dalla 911 RSR del Dempsey-Proton Racing guidata dal trio Campbell, Pera e Ried e dalla Ferrari numero 83 di AF Corse.
Al termine della corsa, valevole per il Campionato del Mondo Endurance, Toyota si conferma nuovamente detentrice del titolo Costruttori, conquistato con un bottino di 202 punti attuali contro i 145 della Rebellion, che si ritira dalle competizioni dopo l’appuntamento francese, mentre la United Autosport esce rinforzata in testa alla classifica valevole per il Trofeo Endurance per le LMP2, dove comanda con 171 punti. Nel mondiale Costruttori per le vetture GTE, Aston Martin fa da padrona e punta al mondiale con ben 299 punti già accumulati, complice la batosta inferta a Porsche che, per questo, è ferma a quota 223 e con Ferrari, terza e ultima, con 218 punti in cassaforte, mentre il trofeo a squadre per le vetture GTE-Am, attualmente contesissimo, vede TF Sport al comando con soli otto punti di vantaggio su AF Corse.