Tra le grandi voci che hanno raccontato la Formula 1 nel nostro Paese c’è anche quella, indimenticabile, di Ezio Zermiani. Vi proponiamo l’intervista integrale rilasciata lo scorso 15 Settembre alla nostra caporedattrice, Beatrice Frangione, ai microfoni di “Pit Talk”, nota trasmissione radiofonica condotta da Antonio Granato.

Un con­trasto tra realtà e nos­tal­gia, tra pre­sente e pas­sato, tra emozioni e ricor­di, tra saggez­za e obi­et­tiv­ità. Potreb­bero essere queste le parole migliori per definire la disponi­bil­ità e il con­tenu­to del­la preziosa inter­vista rilas­ci­a­ta da Ezio Zer­mi­ani ad Ham­mer Time ed F1Sport.it. Una piacev­ole chi­ac­chier­a­ta su temi attuali, curiosi aned­doti e un nos­tal­gi­co tuffo tra i ricordi.

Iniziamo par­lan­do di Fer­rari: se una situ­azione come quel­la di oggi fos­se accadu­ta ai tem­pi del Grande Vec­chio, sareb­bero tre­mate le mura del­la fab­bri­ca di Maranello?

“Cer­ta­mente. Forse, spes­so, ci dimen­tichi­amo che i cicli del­la For­mu­la 1 sono un clas­si­co di questo sport. E ci dimen­tichi­amo, a volte, che dal mon­di­ale vin­to nel 1979 da Jody Scheck­ter a quel­lo con­quis­ta­to dal grande Schu­mi, trascorsero ven­tuno anni. Ven­tuno. La Fer­rari quei ven­tuno anni li ha affrontati con estrema pazien­za, ha sof­fer­to, ha tenu­to la rab­bia e ci ha cre­du­to. E ha avu­to ragione, per­ché poi c’è sta­ta una delle più gran­di par­ente­si che sia mai sta­ta aper­ta dal­la Rossa, l’era Schu­mach­er. Siamo ormai abit­uati ad avere tut­to e subito, soprat­tut­to negli ulti­mi tem­pi. A Maranel­lo ci sono delle dif­fi­coltà, cer­to, ma par­liamo­ci chiaro: le dif­fi­coltà ci sono per­ché il potere politi­co, quel­lo che gov­er­na la For­mu­la 1, è rius­ci­to ad imbrigliare il Cav­alli­no. Cer­ti rap­por­ti non si sareb­bero dovu­ti accettare e, i piloti, come dice­va il Enzo Fer­rari, sono solo “un utile acces­so­rio”, per­ché è la macchi­na quel­la che vince. Ulti­ma­mente in Fer­rari man­ca la tes­ta, l’ultimo grande è sta­to Mar­chionne, pre­mat­u­ra­mente scom­par­so. Quin­di, se ci fos­sero sta­ti tut­ti i “gran­di”, situ­azioni così non si sareb­bero ver­ifi­cate. Cos’è o chi è il paziente zero di ques­ta Fer­rari? È sta­ta la mossa di cedere. Eccle­stone vol­e­va, forse gius­ta­mente, che la Mer­cedes entrasse nel Cir­cus ad ogni cos­to. Ed è entra­ta, impo­nen­do che venis­sero uti­liz­za­ti i motori ibri­di, di cui già ave­va un grande back­ground, a dif­feren­za di Fiat e Fer­rari. Questo è sta­to il colpo di grazia. Ma ce la faran­no, non vi pre­oc­cu­pate, ce la faranno…” 

È gius­to dire che “non può pio­vere per sempre”?

“Sì, ed è inevitabile. Cer­to, non è come nel cal­cio che se com­pri tre attac­can­ti e cam­bi l’allenatore allo­ra la situ­azione cam­bia. Qui c’è stu­dio, ci sono ingeg­neri, tante idee, e il fat­to di essere sta­ti imbrigliati, con questo tipo di situ­azione e con i nuovi rego­la­men­ti bisogn­erà sop­portare sino al 2021. Il 2022 com­in­cerà ad essere un foglio bian­co sul quale ver­rà dis­eg­na­to un nuo­vo progetto…”

Un prog­et­to al quale non parteciperà Sebas­t­ian Vet­tel, pron­to ad appro­dare in Aston Mar­tin la prossi­ma sta­gione. Come com­men­ta la sua era in rosso?

“Quel­lo che è suc­ces­so a Vet­tel con la Fer­rari è quel­lo che io chi­amo il con­trobal­zo del­la for­tu­na. Pen­sate ad Alon­so: quan­ti mon­di­ali avrebbe potu­to vin­cere? Solo che a Maranel­lo ci è arriva­to quan­do vin­cere non era pos­si­bile. E Alon­so, per me, è uno dei più gran­di, ma ci vuole anche un po’ di for­tu­na. Vet­tel ha imbroc­ca­to gli anni neri, anche se parec­chie neg­a­tiv­ità e parec­chie crisi nel­la con­duzione del­la macchi­na le dob­bi­amo a lui. Non a caso Mar­chionne lo defini­va come il più lati­no dei tedeschi che avesse mai incontrato…”

Negli atti­mi pri­ma del­la parten­za del Gran Pre­mio di Toscana abbi­amo assis­ti­to alla sfi­la­ta, tra le curve del Mugel­lo, dell’indimenticabile F2004. Sarebbe bel­lo risen­tire quei motori in For­mu­la 1?

“Nei motori, la Fer­rari domi­na­va. Non ave­vano alcun tipo di con­cor­ren­za in quel sen­so. Bisogna ammet­tere, però, che tut­to va avan­ti e tut­to si evolve, e sic­come i motori del futuro saran­no ibri­di, elet­tri­ci e prob­a­bil­mente ad idrogeno, è inutile pen­sare che la ricer­ca, il ban­co di pro­va più impor­tante, si fer­mi al dis­cor­so del sound di allo­ra. Per far­mi capire: i can­tan­ti melod­i­ci non è che spariscono, sem­plice­mente non sono più di moda. Ritornare al pas­sato sarebbe bel­lo, ma non si può dire ‘no’ al progresso…”

Qual è, sec­on­do lei, il più bel­lo tra i mille Gran Pre­mi cor­si dal­la Ferrari?

“La più bel­la cor­sa che mi ha col­pi­to è quel­la che ho defini­to ‘un seg­no del des­ti­no’: Mon­za ’88. Siamo a pochi giorni dal­la scom­parsa del Grande Vec­chio, del mito, di colui che ha cre­ato la Fer­rari e che l’ha resa un brand anco­ra più impor­tante del­la Coca Cola. La Fer­rari è in crisi, ma vince incred­i­bil­mente, con Albore­to e Berg­er. Sarà l’unica occa­sione, quel­l’an­no, in cui la McLaren non domin­erà un Gran Pre­mio, con un Sen­na beffa­to ma per nul­la arrab­bi­a­to dell’accaduto: come lui stes­so dichiarò ‘forse qual­cuno da lassù ha ritenu­to che oggi fos­se gius­to vincesse la Ferrari’…”

Lewis Hamil­ton è sem­pre più vici­no a sfon­dare la bar­ri­era dei record asso­lu­ti in For­mu­la 1. Ha mai pen­sato che l’in­glese potesse rag­giun­gere cer­ti livelli?

“Sin­ce­ra­mente no, nonos­tante mi avesse impres­sion­a­to agli inizi. Un bam­bi­no che cor­re­va coi kart, che con l’impudenza clas­si­ca di chi è con­sapev­ole di essere un grande va a tirare la giac­ca al man­ag­er del­la McLaren dicen­dogli: ‘Mi pren­da sot­to la sua pro­tezione, io le farò vin­cere molti mon­di­ali’. Lui decise di dar­gli fidu­cia por­tan­do­lo in For­mu­la 1. E guar­date cosa ha fat­to. Devo dire che a me subito Hamil­ton non piace­va, ave­va l’ atteggia­men­to tipi­co di chi si lamen­ta per­ché non gli dan­no la meren­da. Ricor­do che alcune cose non mi era­no piaciute, come il ‘mi penal­iz­zano per­ché sono nero’. Non era vero, anzi. In molti si ricorder­an­no che parec­chie cap­pelle che fece in pista gli furono per­do­nate, a dif­feren­za di altri. Non ulti­ma quel­la di rimet­ter­si in pista con la gru dopo essere usci­to di pista (Gran Pre­mio d’Europa 2007, n.d.r.). Tutte atten­zioni mai avute per nes­sun altro. Tut­ti, però, sin dal suo esor­dio, ave­vano capi­to che il ragaz­zo sarebbe sta­to forte. Oggi riesce anche a fare appel­li sociali giustis­si­mi, ciò dimostra la grandez­za di uno che anche in questo sport ci sguaz­za e ci nuo­ta in maniera stu­pen­da. È un fuori­classe con asso­lu­ta pos­si­bil­ità di con­cen­trazione, sen­za distrazioni…”

Com’è nata la scelta di portare la figu­ra dell’inviato ai box?

“Per la Rai dell’epoca il prob­le­ma era trasportare le emozioni a casa del­la gente in uno sport dif­fi­cile da capire. Arri­va Pio­la per far com­pren­dere gli aspet­ti tec­ni­ci, e arri­va anche la pos­si­bil­ità, per via del mio carat­tere aper­to, di rius­cire a portare la sim­pa­tia. Per me, uno degli obi­et­tivi più impor­tan­ti era far capire alle per­sone la grandez­za di questi esseri al volante, dal pri­mo all’ultimo. A quei tem­pi le mac­chine era­no diverse e peri­colose, c’erano ven­ti bombe schier­ate in griglia. Con il pre­sen­tar­si di questo tipo di situ­azione, il fat­to di rius­cire a par­lare e scherzare e dopo un sec­on­do calar­si la visiera e par­tire, era qual­cosa di bel­lo. Mai come in quel momen­to uno sor­ride­va alle cose che gli veni­vano dette: era­no davvero super uomi­ni. Eppure, il Cor­rere del­la Sera scrisse che Zer­mi­ani dis­trae­va i piloti nel momen­to più del­i­ca­to del­la cor­sa. Oggi è una cosa infat­tibile, ma il prob­le­ma è questo: i piloti ave­vano un enorme potere con­trat­tuale con Eccle­stone, e se quest’ultimo face­va cose che a loro non anda­vano bene, sci­op­er­a­vano. Del­la serie ‘Se a noi piloti quel gior­nal­ista ci fa par­lare e sta qui, a noi va bene. Pun­to e basta’…”

Ezio, ha persi­no pos­to una doman­da ad Andrea De Cesaris men­tre spinge­va la sua vet­tura in pista: incredibile!

“Ah, ricor­do bene quel momen­to. Mi disse: ‘Cosa stai lì a rompere i co*lioni, spin­gi no?!’. Il Guardian inglese scat­tò la foto e com­men­tò quan­to fos­se una situ­azione eccezionale. Oggi ti abbat­tono se entri in pista durante la cor­sa. Piquet, inoltre, smen­tì quan­to scrit­to dal Cor­riere, soste­nen­do che in un momen­to dif­fi­cile come quel­lo pri­ma di affrontare un Gran Pre­mio è preferi­bile avere una voce ami­ca con la quale par­lare. Una voce utile a non ascoltare quel­la dei pro­pri pensieri…”

Una chi­ac­chier­a­ta fat­ta di ‘aned­doti e ricor­di’, ave­vo scrit­to. E, sì, anche qualche brivido.

 

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