Nata sulla base della Enzo, la MC12 segna il ritorno di Maserati alle corse dopo 37 anni di assenza. Riscopriamo insieme una vettura entrata nella leggenda dell’automobilismo e delle competizioni.
Le corse sono nel DNA di Maserati tanto quanto in quello di Ferrari e questo, in quel di Viale Ciro Menotti, lo hanno sempre saputo benissimo. “Gli altri”, come Enzo Ferrari era solito apostrofarli, si sono infatti resi protagonisti di alcuni dei più importanti successi in ambito internazionale e, tra le varie stelle del firmamento del Tridente, sarebbe impossibile elencare tutto in appena due righe. Di sicuro, tra i vari trionfi è obbligatorio citare quello ottenuto nelle edizioni del Campionato Mondiale di Formula 1 del 1954 e del 1957, entrambi conquistati per mano di Juan Manuel Fangio, il doppio successo consecutivo alla 500 Miglia di Indianapolis, firmato da Wilbur Shaw nel 1939 e nel 1940, nonché una miriade di altri trionfi nel mondo delle vetture sport sui campi di gara nazionale e internazionali, sorprendendo con costanza gli avversari per le capacità progettuali e per la notevole versatilità organizzativa. Ritiratasi ufficialmente dalle competizioni proprio nel 1957, le vetture e i motori Maserati hanno continuato a circolare nell’ambiente della massima serie per circa dieci anni, con l’ultimo vittoria segnata da una vettura collegata al Tridente, ovvero una Cooper-Maserati, proprio nel 1967. Da allora, complici anche le alterne vicissitudini finanziare che hanno portato alle varie acquisizioni e cessioni della casa modenese, nessuna Maserati ha più calcato la scena di una pista in forma ufficiale almeno fino al 1991, anno in cui venne presentata la Maserati Barchetta. Tale vettura, forte di uno nome evocativo che porta con se lo spirito delle omonime vetture da corsa schierate nelle competizioni degli anni cinquanta, era stata pensata per un campionato monomarca, noto come Grantrofeo Monomarca e pensato per riportare la casa del Tridente ad un livello più consono a quello del suo blasone. Tuttavia, il caso della Barchetta, per quanto semi sconosciuto, non sarà destinato a rimanere isolato e, da quel momento in avanti, la febbre delle competizioni sarà destinata a crescere enormemente, portando Maserati a meditare su un possibile ritorno alle corse. L’occasione sembra presentarsi concretamente all’alba degli anni duemila quando Ferrari, nel frattempo divenuta la “proprietaria” del Tridente, presenta la Enzo, supercar destinata a fare la storia tanto per i contenuti quanto per le forme assolutamente inedite e radicali e che, in virtù di tali ragioni, si presta molto bene quale base di sviluppo per una futura vettura da corsa omologata per la strada. Più nello specifico, l’intenzione è quella di realizzare una vettura in grado di competere nel FIA GT, cosa che viene resa possibile attraverso la produzione minima di venticinque esemplari stradali.
Definita la collocazione, le valutazioni degli addetti ai lavori non tardano a partire e prendono tutte le mosse dalla base, già di per se strepitosa, fornita dalla Enzo e che si compone del dodici cilindri a V Tipo F140B, di un cambio sequenziale a sei rapporti e di un telaio monoscocca in fibra di carbonio e nomex. Tali elementi vengono modificati al fine di andare incontro alle più rigide esigenze della pista e, per questo, una revisione del propulsore e della rapportatura del cambio si rendono assolutamente necessarie, unitamente allo studio di una carrozzeria pensata appositamente per l’impiego nelle competizioni. Le linee della vettura, inizialmente tracciate da Giorgetto Giugiaro e affinate dopo aver trascorso diverse ore in galleria del vento quando il progetto era ancora noto attraverso le sigle MCC (Maserati Corsa Competizione) e MCS (Maserati Corsa Stradale), sono state poi riprese e definite nella loro interezza da Frank Stephenson, che porta alla luce una vettura assolutamente unica e di matrice evidentemente corsaiola che differisce completamente dalla vettura da cui deriva, con cui condivide unicamente il lunotto e, come già anticipato, la meccanica e il telaio. A beneficiarne è anche la presenza scenica, assolutamente non trascurabile e di evidentissimo impatto estetico: la MC12, così si chiamerà nella sua denominazione definitiva che rimanda tanto alle corse, donde la “C” del nome, quanto al sofisticato dodici cilindri che la spinge, si contraddistingue per una lunghezza ben superiore ai cinque metri, nonché per una larghezza di oltre due metri e per una altezza maggiorata a causa della presa dinamica posta sul tetto. Ad aumentare tale sensazione vi è il massiccio alettone posteriore, unicamente adottato sulla versione stradale, che si estende per ben due metri e con uno spessore di soli trenta millimetri, a tutto beneficio dell’aerodinamica che, in virtù della funzione principale di questo veicolo, è stata perfezionata per massimizzare il carico aerodinamico, al contempo ottimizzando l’evacuazione dei flussi caldi e di quelli turbolenti, con una conseguente riduzione della resistenza all’avanzamento. Anche gli interni trasmettono questa evidente dichiarazione di intenti e non fanno assolutamente nulla per nascondere la reale natura di questa supercar, che si presenta comunque con un piacevolissimo mix di pelle, rifinita in una particolarissima tonalità blue navy, a cui si sposano la lucida veste in carbonio e il classicissimo, immancabile orologio analogico tipico di tutte le Maserati che si rispettino.
Nella veste corsaiola, denominata MC12 Corsa, le variazioni a cui si assiste sono relativamente poche. Essendo la stradale nata in funzione del futuro impiego su pista, essa richiede unicamente che a cambiare siano, naturalmente, gli interni, i cerchi, l’assetto e una minima parte dell’aerodinamica, con la maggior parte delle modifiche unicamente concentrate sul diffusore, caratterizzato da una geometria più adatta alle esigenze del tracciato e dei regolamenti, e sull’alettone posteriore, più convenzionale e conforme a quanto richiesto dall’organizzazione. Una volta scesa in pista, la MC12 si è rivelata in tutta la sua strabordante competitività, al punto da far discutere circa la sua completa legalità e facendo storcere il naso a più di qualcuno al momento del debutto. La carriera della vettura modenese è ancora oggi ricordata per l’estremo successo e per la costante competitività che ne ha caratterizzato la vita operativa, con un bottino totale che conta quaranta successi su novanta gare complessive e con un palmarès che include ben sei titoli a squadre, due campionati costruttori e sei titoli piloti, tutti ottenuti talvolta annichilendo la concorrenza che, in più di qualche occasione, trovava la massima espressione proprio nella acerrima rivale di Maranello.
Quando si dice, corsi e ricorsi storici…
Ph. Reddit ©