Ayrton Senna: tre titoli mondiali conquistati nell’ ’88, ’90 e 91. Un pilota unico, leggendario, che ha fatto innamorare generazioni di tifosi.
È stato il pilota più veloce della sua epoca: si concentrava, si dedicava in modo ossessivo al miglioramento delle prestazioni della macchina; la competizione era il suo pane quotidiano al pari della consapevolezza di avere lassù qualcuno che lo amasse.
Di Ayrton Senna si ricordano le cose belle, le sensazionali imprese, la sua fine, improvvisa, che colpì il mondo dello sport e non solo, al pari di un evento epocale, indimenticabile.
La sua storia, avvicinandosi alla sua scomparsa, registra un periodo in cui inizia a vedere nero dappertutto, entrando in un tunnel senza uscita. Ayrton era nato con la camicia del Campione, pertanto avrebbe fatto di tutto pur di emergere, vincere, vincere ancora e poi stravincere.
Scalando la sua carriera ha costantemente speso la sua energia e applicato la sua innata sensibilità sulla vettura. Lascia sempre un segno tangibile della sua presenza, anche quando il suo mezzo non è competitivo: dando tutto, riesce a prendersi grandi soddisfazioni.
Raggiunge meritatamente la vetta del mondo, ma presto realizza che in Formula 1 ci sono anche gli altri, con i loro interessi: piloti affamati di vittoria, team, uomini d’affari e una politica che può esserti avversa peggio della mala sorte.
È il 1992, Senna ha già conquistato il tris mondiale, con la McLaren, ed è alla nona stagione nella massima formula. La Williams-Renault è la monoposto di gran lunga migliore, i suoi piloti Nigel Mansell e Riccardo Patrese sembrano ogni volta irraggiungibili per gli avversari. Ayrton ha la McLaren-Honda, che comunque nel ’91 lo ha portato dodici volte sul podio (su sedici gare) e gli ha dato la possibilità di realizzare il suo terzo sogno mondiale. C’è l’astro nascente Michael Schumacher con la Benetton-Ford, non c’è il suo più duro avversario Alain Prost, che, dopo un anno di pausa, nel ’93 avrà la Williams.
La Ferrari non va, ha messo in pista un progetto tanto ambizioso quanto fallimentare.
Ayrton non sopporta tutto questo. Da Campione rivendica il diritto di guidare una monoposto vincente, ma non vede la possibilità di averla in tempi brevi. Forse attraversa una crisi. Lo avvicina ancora una volta la Ferrari, ma lui rifiuta di accasarsi a Maranello, che non ha una vettura competitiva per il ’93.
Si diffondono voci che il Campione brasiliano non intende sottoporsi ai lunghi collaudi in pista previsti a quei tempi. Ayrton è costretto a chiarire, dichiarando ai Media che nel ’93 solo la Williams può assicurargli le soddisfazioni che cerca, ma lì ci sarà Prost che non lo vuole, la McLaren non sarà in grado di fornirgli un mezzo competitivo e Ron Dennis temporeggia, sperando che resti “a piedi” per averlo ancora con lui. Dichiara pure che sta valutando seriamente di fermarsi per un anno e che, se la Ferrari vorrà, nel ’93 potrà firmare un accordo per il ’94, iniziando appena possibile lo sviluppo della nuova monoposto.
È lo sfogo del Campione che si sente impotente di poter gestire il proprio futuro nella formula in cui si è coronato dell’alloro iridato per ben tre volte e che, di fronte all’impossibilità di affermarsi ancora, potrebbe smettere.
Intanto, nel ‘92 conquista tre vittorie (Monaco, Ungheria, Italia) e sale altre quattro volte sul podio, terminando il campionato in quarta posizione, risultato che molti avrebbero voluto ottenere. Senna no, non è soddisfatto.
Alla fine, la stagione seguente resta in McLaren correndo “a gettone”, una sorta di purgatorio in attesa di tempi migliori. Un “purgatorio” che comunque gli frutta altre cinque vittorie e il secondo posto finale.
La storia della Formula 1 annovera Campioni che hanno dovuto e saputo attendere tempi migliori, che hanno accettato l’impossibilità di poter vincere. Senna, in quel momento, non vuole accettare tale condizione, si dimostra cupo, impaziente.
Jean Todt, ds Ferrari, nel ’93 tiene un lungo colloquio con Ayrton Senna, una sera, prima del Gran Premio di Monza, nell’albergo Villa d’Este sul Lago di Como. Il trentarenne plurititolato si propone alla Ferrari per l’anno seguente, ma Todt gli evidenzia che in vista del ’94 ci sono già sotto contratto Jean Alesi e Gerhard Berger. Il campione brasiliano gli risponde che in Formula 1 i contratti non hanno valore, ma Todt su questo non è d’accordo. Il colloquio dura circa due ore e si conclude a mezzanotte. Senna se ne va via più sconsolato di prima.
Più avanti, Todt lo chiama per fargli una proposta per il 1995. Ma le strade della Ferrari e di Ayrton si erano già separate, perché Senna aveva scelto, nel frattempo, di unirsi alla corte di Frank Williams.
Felice di aver raggiunto l’agognata meta? Amareggiato per il rifiuto della Ferrari? Deluso dalla Formula 1? Quel mondo che lo aveva accolto a braccia aperte sino a farlo diventare “O Rey” ora sembrava quasi rifiutarlo. Senna, però, ora ha la Williams.
Certo, una Williams progettata sui collaudi e le misure del “piccolo” Alain Prost e difficile da pilotare, avendo perso i suoi straordinari vantaggi per sopraggiunte modifiche al regolamento tecnico.
E il Campione inizia la stagione del 1994 credendo solo a se stesso, o meglio, sembra proprio chiudersi in se stesso.
E non gliene va più bene una: dubita sull’operato degli avversari, dubita sulla regolarità delle loro vetture, dubita sull’operato dei suoi tecnici. Dubita. A Imola, pubblicamente rimpiange il suo storico rivale Alain Prost. Un segnale. Ad un certo punto sembra che solo il senso del dovere contrattuale lo trattenga all’ambiente. Appare sfiduciato e in crisi. Da quel mondo Ayrton non raccoglierà più alcuna gioia, pur concludendo il suo ultimo giro in testa alla gara.