Keke Rosberg, l’alfiere finlandese della Williams, diventa Campione del Mondo in una delle stagioni più tragiche che la storia della Formula 1 abbia mai visto.
Il 1982 è uno degli anni più tormentati della Formula 1, per l’ennesima volta spettatrice di gravi e mortali incidenti. Si arriva all’ultimo appuntamento mondiale a Las Vegas in una condizione ai limiti dell’assurdo. La Ferrari ha perso Gilles Villeneuve a Zolder e Didier Pironi, dopo un incidente in terra tedesca, ha dovuto abbandonare il mondo delle corse. A completare la tragica lista, c’è anche la scomparsa del giovane italiano della Osella, Riccardo Paletti, avvenuta al via del Gran Premio del Canada.
Las Vegas incoronerà il Campione. I favoriti sono Keke Rosberg, punta di diamante finlandese di Frank Williams, e l’irlandese John Watson, portacolori della McLaren. Per Rosberg è sufficiente classificarsi in zona punti, ma la storia della Formula 1 insegna che l’imprevedibile si nasconde ad ogni cordolo, e che un’eccessiva tensione può distrarti al punto di commettere degli errori che valgono un titolo iridato.
Per questo motivo, una settimana prima della corsa, Rosberg decide di sparire. Prende sua moglie Yvonne e lascia la casa di Monte-Carlo per trascorrere qualche giorno in California. L’atmosfera in Williams era nevrotica nonostante un certo ottimismo sull’esito del campionato. Sir Frank, reduce dal cedimento psicologico di Reutemann nella stagione precedente, accetta di buon grado l’allontanamento del suo pilota, cui basterà un sesto posto nell’ultima corsa per laurearsi campione.
Keke si presenta al circuito solo il pomeriggio prima dell’inizio delle due giornate di prove, che chiude qualificandosi sesto. Il giorno della corsa, sulla griglia di partenza del Caesars Palace, nella sua mente combattono due pensieri: le gomme e i rapporti del cambio della sua macchina. Pensa ad Alan Jones che, in quella pista, nell’ ’81, aveva corso con dei rapporti che gli permettevano di cambiare il meno possibile. Invece, Rosberg opta per cambiare più spesso in modo da evitare una eventuale eccessiva usura di determinati ingranaggi del cambio. Mette in conto almeno un centinaio di cambiate in più rispetto a quanto fatto da Jones, sicuro di non commettere errori con la leva e con la consapevolezza di aver fatto il possibile per scongiurare la rottura di un dentino degli ingranaggi e con esso l’esito di un Mondiale.
Per quanto riguarda le gomme, sceglie di partire con la mescola intermedia, come la Tyrrell di Michele Alboreto e il suo compagno di squadra Derek Daly. Keke inizia il Gran Premio con la massima attenzione. Accorto e calcolatore, è supportato dai suoi tecnici con la massima attenzione. A due terzi di gara gli segnalano dai box di non forzare il suo Ford-Cosworth per non compromettere il risultato.
E Keke non delude, tagliando il traguardo in quinta posizione, un risultato più che sufficiente per battere Watson, che ha concluso secondo dietro Alboreto e la sorprendente Tyrrell, tornata alla vittoria dopo anni di digiuno.
“Quello che ho provato – dichiarerà Rosberg – è una gioia terribile”, riferendosi al notevole impegno fisico richiesto dal tracciato di Las Vegas, che aveva la fama, tra i piloti, di provocare dei forti dolori al collo.
In realtà, Keke si era allenato così tanto sui muscoli del collo da tralasciare la pianta del piede destro: un incredibile dolore che arriva a metà gara, obbligandolo a non poter riuscire a frenare fino in fondo. E vedere la bandiera a scacchi si rivela una doppia liberazione, per cui vale la pena alzare le braccia al cielo.
Uscendo dal circuito, viene travolto da un mare di visi sorridenti, la maggior parte dei quali avrebbe preferito vedere quando era ancora uno sconosciuto nelle serie minori. I festeggiamenti lo accompagnano all’aeroporto, dove lo aspetta il Boeing 707 affittato dal proprietario della TAG, Mansour Ojjeh, pronto per decollare verso San Francisco. Durante il tragitto è festa grande, un po’ per il Mondiale e un po’ per i trent’anni di Ojjeh, uno svago utile a dimenticare la tensione che lo aveva accompagnato durante la gara più difficile della sua carriera.
A Las Vegas, dopo il warm-up del mattino, Keke aveva fatto una telefonata in Finlandia per salutare il padre Lars, suo grande sostenitore, terrorizzato dal rischio che gli si potesse rompere il televisore durante la telecronaca. Lo chiama anche da San Francisco, alle quattro del mattino, e stavolta suo padre gli risponde con tono esuberante, dicendogli che l’intero Paese stava festeggiando il suo successo.
Quel 25 settembre è stato un giorno che i Rosberg non avrebbero mai dimenticato. Come il 27 novembre del 2016. Ma questa, è un’altra storia.