Alain Prost: con quattro titoli iridati conquistati nell’ ’85, ’86, ’89 e ’93, è il primo Campione nella storia della Formula 1 che riesce ad avvicinarsi alla cinquina di Fangio.
“Nella mia città mi piace essere uno dei tanti. Detesto essere considerato un personaggio anche perché non mi ritengo tale. Se qualcuno mi chiede un autografo per le strade di Saint Charmond la cosa m’infastidisce. Per la ristretta cerchia di amici sono l’Alain di sempre”.
È sin dal suo arrivo al Circus nel 1980 che gli addetti ai lavori paragonano Alain Prost a Jackie Stewart, grande Campione di quegli anni. Le motivazioni si possono ricercare nella sua interpretazione dell’essere pilota, o anche nella sua cura al limite del maniacale di uno stile di guida impeccabile. Eppure, da bambino, Alain sembrava destinato a fare il calciatore, nelle giovanili prima, in promozione poi, un’ottima ala destra, sempre nella squadra della sua città.
Una vacanza ad Antibes, però, cambierà per sempre la sua prospettiva di vita. Perché proprio lì c’è una pista di kart dove inizia a correre per puro divertimento. Il passaggio dal passatempo alla passione è breve, il giovane Alain diventa consapevole di avere velocità e capisce quale direzione deve prendere il suo destino. Vuole diventare un pilota. I suoi genitori Andrè e Marie-Rose, però, non lo prendono troppo sul serio. Si limitano a sorridere benevolmente di fronte a quelli che possono sembrare degli ingenui sogni di un adolescente. Del resto, suo padre era un artigiano che lavorava i metalli, non avrebbe mai avuto i mezzi per aiutarlo ad emergere in uno sport così costoso.
Ormai contagiato da quella che veniva definita come “la febbre della velocità”, il giovane Prost affronta le prime esperienze kartistiche con la mentalità di un vero professionista. Nemmeno il servizio militare in Germania sarebbe riuscito ad allontanarlo dal suo obiettivo. Nel periodo più intenso della sua vita, ogni fine settimana l’Armée gli dava il permesso di tornare a casa per potersi dedicare alle corse sui kart e, al tempo stesso, grazie ad una borsa di studio, di frequentare la scuola di pilotaggio Elf-Renault al circuito di Le Castellet. Chi conosce bene questo ragazzo, sa quanto sia orgoglioso e caparbio, e quanto voglia dare il massimo in qualsiasi ambito investi le sue energie.
Per questo motivo, gli anni della sua carriera li ha esclusivamente dedicati alla Formula 1. Non ha passatempi, nemmeno quello che definisce il suo “mestiere” lo è. Non gli piace leggere e l’unica musica che apprezza è quella del motore della sua monoposto. Anche nei momenti di relax la sua mente è proiettata a tutto ciò che riguarda il suo essere pilota, nel bene e nel male. Pensa alla vettura, ai test che deve affrontare, perché “la differenza fra un pilota e l’altro si misura nella rispettiva abilità e messa a punto della macchina. È nelle prove private che si costruiscono le premesse di una vittoria”.
Quella di Alain è una mentalità così precisa, così unicamente indirizzata alla realizzazione dei suoi sogni, che è vincente. Per il suo carattere, si sentirà anche soprannominare come “il professore”: “Durante i miei anni trascorsi in Renault, non ricordo con esattezza l’anno e la gara, durante le prove libere decisi di montare pneumatici duri sul lato sinistro, e pneumatici morbidi sul lato destro. Pierre, l’allora addetto alle comunicazioni della Michelin, nonché mio amico, mi disse che quella era una soluzione che non avrebbe mai potuto funzionare in vista della corsa. Io gli risposi semplicemente di lasciami fare, perché sapevo ciò che facevo. Ebbene, vinsi la gara. Pierre, quel giorno, mi chiamò per la prima volta Le Professeur. Un soprannome che mi ha accompagnato per tutta la carriera”.
La storia parla chiaro: il “Jackie Stewart degli anni ‘80” vincerà 51 gran premi e sarà per quattro volte un Campione del Mondo. Sarà protagonista di duelli epici con Lauda, Piquet, Mansell, ma soprattutto legherà per sempre il suo nome con quello di Ayrton Senna, il suo più grande nemico-amico sugli asfalti mondiali.
Nonostante i clamori del successo, Alain Prost rimarrà lo stesso e sano ragazzo di provincia. Un anti-personaggio diventato protagonista, forse suo malgrado, di una delle più grandi rivalità che hanno fatto la storia di questo sport.