Siete avvisati, questo è un racconto che fa male. Narra di un ragazzo sventurato, al suo secondo Gran Premio in Formula 1, il 13 Giugno del 1982. Il suo nome, era Riccardo Paletti.

Cir­cuito di Mon­tréal. Subito dopo il via, l’Osella di Ric­car­do Palet­ti, par­ti­ta dal­la penul­ti­ma fila, non riesce ad evitare, nep­pure all’ultimo istante, il fer­rarista Didi­er Pironi.

Alcu­ni mesi pri­ma, a Mis­ano, ave­va prova­to per la pri­ma vol­ta una vet­tura di For­mu­la 1, la Osel­la FA1B n°32 ex Beppe Gab­biani, imp­ie­ga­ta dal­la squadra tori­nese nel Cam­pi­ona­to del 1981, appe­na terminato.

Ric­car­do è un gio­van­ot­to milanese, ha un bel viso asciut­to accom­pa­g­na­to da un paio occhiali da vista. Tut­to l’amore e le atten­zioni dei suoi gen­i­tori non sono altro che per lui, figlio uni­co. Inizia tar­di la car­ri­era da pilota, però, a 23 anni, ne imp­ie­ga solo quat­tro per pas­sare dal­la for­mu­la Super­ford alla For­mu­la 1.

Michele Albore­to e Alain Prost sono i suoi rifer­i­men­ti. Dietro al suo aspet­to da stu­dente, Ric­car­do cela­va una grande pas­sione per le auto da cor­sa, per la veloc­ità e uno spic­ca­to sen­so dell’agonismo. “Voglio cor­rere in For­mu­la 1 per­ché mi piac­ciono i sol­di e le donne”, dice­va. In realtà, vol­e­va diventare un col­lauda­tore pri­ma anco­ra che un pilota.

Tramite suo padre, ben­e­fi­cia di un sup­por­to finanziario con­sis­tente che lo aiu­ta ad entrare in quel mon­do asse­ta­to di denaro. All’epoca, c’era la moda di acces­so­ri­are la pro­pria auto con impianti audio hi-fi, e i pro­dut­tori spon­soriz­zano team e piloti. Lo spon­sor di Palet­ti, dopo aver­lo sostenu­to in For­mu­la 2, lo infor­ma che quel­la cat­e­go­ria non lo inter­es­sa più, trop­pi spon­sor del­lo stes­so set­tore. Riceve, così, un ulti­ma­tum: “Se vuoi cor­rere in For­mu­la 1 bene, altri­men­ti cer­chi­amo un altro!”.

“Sono sta­to prati­ca­mente obbli­ga­to a cor­rere in For­mu­la 1 il prossi­mo anno”, ripete il ragaz­zo, come a gius­ti­fi­car­si. Fir­ma con Osel­la un con­trat­to per una sta­gione, più un’opzione per quel­la seguente. “Ho in squadra un pilota del­la classe e del cal­i­bro di Jari­er: lo seguirò come face­va Cev­ert con Stew­art, per imparare”.

La sua pro­va con la For­mu­la 1 si svolge in tre giorni con­sec­u­tivi. Pro­va, ripro­va e si fer­ma spes­so per ascoltare i con­sigli dei tec­ni­ci e riposare. Le sue impres­sioni non sono entu­si­as­man­ti. Non res­ta impres­sion­a­to dai 500 cv che spin­gono la Osel­la, ma dal­la pro­gres­sione del propul­sore nel pren­dere i giri e, soprat­tut­to, dal­la rigid­ità del­la vet­tura, una wing-car che com­pli­ca maledet­ta­mente la guida.

“Le For­mu­la 1 sono peri­colose, molto peri­colose, trop­po peri­colose – com­men­ta – Ci vuole un nul­la per far­si molto, molto male. Sono trop­po rigide e con rego­la­men­ti-bef­fa che non si capisce per­ché siano sta­ti fat­ti”. Men­tre par­la, il suo volto si incu­pisce: “Saltel­la da tutte le par­ti, è una grande fat­i­ca fisi­ca. Dopo quindi­ci giri ho prefer­i­to fer­mar­mi per­ché ave­vo male alle reni. Se pen­so che in un cir­cuito del genere si dovreb­bero fare novan­ta giri, non so come farò a ter­minare una gara”. La sto­ria dice che Ric­car­do, purtrop­po, non ter­min­erà mai un Gran Pre­mio. Nel 1982, prende il via due volte: dai box del cir­cuito di Imo­la per il Gran Pre­mio di San Mari­no, dove si fer­ma al set­ti­mo giro per la rot­tura di una sospen­sione, ed a Mon­tréal, due giorni pri­ma del suo 24° compleanno.

Parte dal­la penul­ti­ma fila del­lo schiera­men­to di parten­za, tiene giù il gas e infi­la le marce. La veloc­ità sale: in piena accel­er­azione non vede, non intu­isce che la Fer­rari di Pironi, schier­a­ta in pole posi­tion, è rimas­ta fer­ma in griglia col motore ammu­toli­to. Gli altri la scar­tano, qual­cuno la sfio­ra, Ric­car­do non ci riesce. Per­corre cir­ca 150 metri: ha la visuale cop­er­ta dalle altre autovet­ture e va a impat­tar­si, a 180 Km/h, nel retrotreno del­la mono­pos­to rossa. Pironi, ille­so, è il pri­mo ad accor­rere ver­so di lui. Il servizio di soc­cor­so, non preparatis­si­mo per la ver­ità, cer­ca di estrar­lo dalle lamiere del­la sua Osel­la, defor­mate dall’impatto.

In un atti­mo, il povero ragaz­zo viene avvolto dalle fiamme, causate dal­la fuo­rius­ci­ta di car­bu­rante dai ser­ba­toi del­la sua vettura.

Sono momen­ti che dura­no un’eternità. Sua mam­ma, la sig­no­ra Gina, è nei box. Lei, che per tim­o­re segui­va ogni cor­sa del figlio a dis­tan­za, chiusa nel motorhome, per evitare di assis­tere a qual­si­asi impre­vis­to. Lei, che in pre­da alla dis­per­azione, vuole rag­giun­gere a tut­ti i costi suo figlio sul luo­go dell’incidente. Una sce­na straziante, ma Ric­car­do non c’è più.

È la trag­i­ca fine di quel bra­vo ragaz­zo dall’aria mal­in­con­i­ca e, spes­so, ingius­ta­mente dimen­ti­ca­to.

 

6 pensiero su “L’ “obbligo” di Riccardo Paletti”
  1. Ricor­do anco­ra quelle immag­i­ni che ho vis­su­to in diret­ta TV. E’ sta­ta davvero una cosa straziante e il ricor­do di quel­l’au­to che anda­va drit­ta a piena veloc­ità ver­so la morte è anco­ra viva nei miei ricor­di. Un bra­vo ragaz­zo che ha avu­to tan­ta sfor­tu­na in un peri­o­do in cui le auto ara­no anco­ra molto peri­colose. Davvero una trage­dia di un gio­vane pilota anco­ra sconosci­u­to ma non meno impor­tante delle altre, trop­po spes­so dimenticata.

  2. Io ero pic­co­lo , non conosce­vo Ric­car­do , lo ave­vo vis­to poche volte , ma dopo la sua morte , sono state tante volte con la sua mam­ma e ho capi­to che soprat­tut­to era un bra­vo e edu­ca­to ragaz­zo , quelle di una vol­ta , e ave­va tan­ta pas­sione per quel­lo che faceva .

  3. Gra­zie per la sto­ria, In tut­ti gli sport ven­gono osan­nate per le imp­rese dei cam­pi­oni ma Sono le pic­cole sto­rie come queste che ren­dono Appas­sio­n­ante ed indi­men­ti­ca­bile lo sport.

  4. Ave­vo tredi­ci anni,ma lo ricor­do benis­si­mo ‚a tan­ti anni di dis­tan­za. Che tragi­co anno il 1982 che ci avrebbe pri­vati del genio e sre­go­latez­za di Villeneuve,che avrebbe vis­to il pau­roso inci­dente di Pironi in Germania.…:Era una F1 diversa,lontana anni luce dall’attuale, ma dove un ragaz­zo come Ric­car­do pote­va trovare lo spazio di colti­vare un sog­no! Se solo avesse avu­to il fato dal­la sua!

  5. Ave­vo 11 anni
    Ero li a cir­cuito Gilles Villeneuve
    O pre­so foto de la sua monoposto
    Pri­ma de la gara
    Che tragedia !

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