Come altri grandi piloti, per alcuni anni ha rappresentato il vertice e il termine di paragone per i Campioni della Formula 1. Un casco inconfondibile, tre titoli iridati e una fama da gentleman: questo è Jackie Stewart.
Incredibilmente innamorato dei motori mondiali, in Formula 1 Jackie Stewart ha ricoperto il ruolo di pilota onesto, incisivo e quasi imbattibile; del commentatore televisivo, del team manager e del costruttore.
I suoi numerosi successi nelle categorie inferiori, gli aprono la strada verso la massima espressione dell’automobilismo agonistico. E, tra le varie offerte, accetta quella della BRM.
La stagione del 1965 inizia con il Gran Premio del Sudafrica, in cui arriva sesto.
Al termine di questo suo primo campionato mondiale, Stewart è al terzo posto in classifica, dietro il compagno di squadra Graham Hill e il vincitore Jim Clark. Un esordio strepitoso, che sembra essere di buon auspicio per l’anno seguente.
Eppure, tra il ’66 e il ’67, lo scozzese colleziona una sola vittoria nell’elegante Principato di Monaco e pochi piazzamenti, sempre con la scuderia inglese. Durante la riabilitazione dopo un grave incidente occorsogli in Belgio nel ’66, Jackie matura il suo impegno per una Formula 1 più sicura, diventandone paladino nel successivo periodo della sua attività.
La monoposto, però, è inaffidabile. Bussa, quindi, alla porta di Ken Tyrrell che, per il 1968, schiera una Matra-Cosworth con la quale lo scozzese riesce a conquistare un secondo posto nella classifica finale.
Il ’69 è l’anno della consacrazione: sempre con la Matra, Stewart mostra una superiorità schiacciante, domina sei Gran Premi e s’incorona del suo primo alloro.
Inizia così il mito di “Sir Jackie”. L’interesse nei suoi confronti cresce, come la sua notorietà. Tutti elementi che, però, non lo distraggono dal suo reale obiettivo.
Durante il 1970, i dubbi sulle possibilità di rendere competitiva la monoposto non vengono cancellati da qualche buon risultato, e Tyrrell decide di costruire una propria Formula 1. Sfortunatamente, la nuova vettura debutta nell’ultima parte del Mondiale con tre ritiri.
Per il ’71, la Tyrrell ha uno scopo ben preciso: conquistare il titolo piloti con Stewart e quello costruttori con l’aiuto del giovane pilota francese Francois Cévert. Proprio con quest’ultimo, Jackie instaura un rapporto fraterno.
La sua stagione molto lunga ma, con le vittorie in Spagna, Monaco, Francia, Gran Bretagna, Germania e Canada, si laurea per la seconda volta Campione del Mondo.
Il ’72 comincia bene con la vittoria e il record sul giro in Argentina. E i risultati alterni nel corso del campionato lo portano secondo in classifica, dietro a Fittipaldi.
La stagione ’73 è la sua ultima in Formula 1. Fittipaldi e il suo compagno alla Lotus, Ronnie Peterson, non rendono la vita facile a Stewart e Cévert. Lo scozzese vince il mondiale piloti, mentre quello costruttori va alla Lotus.
Sulla griglia di partenza del circuito di Watkins Glen, ultimo appuntamento stagionale, però, entrambe le Tyrrell non si presentano. Durante le prove, la monoposto di Cévert impatta sulle barriere e il giovane pilota perde la vita.
Una notizia struggente per Stewart, tanto da costringerlo a prendere una dura decisione: non partecipare alla gara, che sarebbe stata la centesima della sua carriera, e chiudere per sempre col mondo della Formula 1, almeno da pilota.
In realtà, il pensiero del ritiro aveva cominciato a radicarsi nella sua mente a seguito delle tragedie che avevano coinvolto i colleghi Piers Courage e Jochen Rindt.
“Un giorno, Helen ed io, abbiamo deciso di fare un elenco di tutti gli amici persi a causa di incidenti durante delle gare automobilistiche. Ci siamo fermati quando abbiamo raggiunto quota 50…”
“Amici”. Perché Jackie, con i suoi colleghi, aveva un rapporto d’amicizia che andava ben oltre le sfide e le rivalità tra asfalto e cordoli.
Si conclude, così, una delle più grandi carriere a cui la tanto amata e odiata Formula 1 abbia mai assistito.