John Surtees: il pilota completo della Formula 1. Ad oggi, l’unico ad essere riuscito a conquistare un Mondiale sia sulle due che le quattro ruote.

Il motocli­clista bri­tan­ni­co John Sur­tees, sette volte irida­to con le MV Augus­ta, decide di pas­sare alle mono­pos­to del­la mas­si­ma espres­sione dell’automobilismo. Lo fa, dice, per­ché le stesse cose lo annoiano e anche per­ché, se non avesse conosci­u­to Tony Van­dervell, Reg Par­nell e Mike Hawthorn, prob­a­bil­mente avrebbe las­ci­a­to le corse e si sarebbe dato al commercio.

Enzo Fer­rari ha nutri­to sem­pre una cer­ta sti­ma per quei piloti che han­no cor­so in moto­ci­clet­ta pri­ma di cimen­ta­r­si sulle quat­tro ruote, come Nuvolari, Varzi, Ascari. Le doti che ali­men­tano in lui le sim­patie per gli ex moto­ci­clisti sono “espe­rien­za, conoscen­za mec­ca­ni­ca, prat­i­ca di veloc­ità, sen­so ago­nis­ti­co e oper­osità di umile lavoro”. Sec­on­do lui, Sur­tees le possiede tutte. Il suo forte carat­tere lo por­ta a dare l’anima in tut­to ciò che fa e, cosa molto impor­tante per la squadra, par­la un buon ital­iano, impara­to ai tem­pi in cui cor­re­va per la MV.

Ecco per­ché Sur­tees, dopo aver aver dis­pu­ta­to il cam­pi­ona­to mon­di­ale del 1961 con la Lotus, riceve e rifi­u­ta un’offerta dal costrut­tore mod­e­nese per­ché non si sente anco­ra pron­to. Arri­va alla corte di Maranel­lo ver­so la fine del 1962, per pot­er­si preparare e schier­ar­si con la Rossa nel­la sta­gione seguente. Con Enzo Fer­rari, Sur­tees instau­ra un rap­por­to aper­to, sin­cero e diver­so, nuo­vo rispet­to a quel­lo che il Com­menda­tore ave­va avu­to sino a quel momen­to con gli altri piloti. Per esem­pio, si fa fotogra­fare spes­so insieme a lui, con­vin­to che avrebbe ripor­ta­to l’alloro irida­to al Cavallino.

Qualche vali­do risul­ta­to ottenu­to durante la sta­gione, in par­ti­co­lare la vit­to­ria con­se­gui­ta al Nur­bur­gring subito dopo il sec­on­do pos­to ottenu­to nel­la gara prece­dente a Sil­ver­stone, dan­no una grande fidu­cia al “repar­to corse”. I mec­ca­ni­ci, dopo le prove, chiedono ogni vol­ta al pilota cosa si aspet­tasse dal­la gara, ma le risposte le dà spes­so Pat, la paziente e bel­la moglie di Sur­tees, intan­to rib­at­tez­za­to “Long John”. In Ger­ma­nia, dopo le prove, Pat assi­cu­ra che suo mar­i­to è con­vin­to di vin­cere. E vincerà.

Sur­tees ha un entu­si­as­mo con­ta­gioso: aggres­si­vo e veloce, con una gui­da molto effi­cace, piace a tut­ta la squadra. È molto col­lab­o­ra­ti­vo con i tec­ni­ci: mette a com­ple­ta dis­po­sizione le sue conoscen­ze, che si riv­ela­vano fon­da­men­tali per la mes­sa a pun­to delle vet­ture da gara e dei nuovi prog­et­ti. Non si stac­ca mai dal grup­po, vive con e per la Fer­rari: un atteggia­men­to trainante, molto pos­i­ti­vo, uni­co tra i piloti del suo tem­po. I suoi com­pag­ni di squadra ne riconoscono la classe, lo sti­mano: con lui non ci sono problemi.

Il suo grande rivale è Jim Clark, un altro “numero uno”. I due si rispet­tano, ma non sono ami­ci. Per i suoi prece­den­ti moto­ci­clis­ti­ci, e in parte per il suo carat­tere pun­gente, non lega tan­to con suoi col­leghi bri­tan­ni­ci. Alla gui­da, l’inconsueta carat­ter­is­ti­ca di John è quel­la di tirare il volante per far­lo girare, non lo spinge come fan­no tut­ti gli altri, forse per­ché gli è rimas­ta l’abitudine del moto­ci­clista di tirare il manubrio per rad­driz­zare la moto all’uscita delle curve.

Nel ‘64 con­quista il tito­lo all’ultima gara in Mes­si­co, bat­ten­do in clas­si­fi­ca finale il favorito Gra­ham Hill, polemi­co a fine cor­sa nei con­fron­ti di Ban­di­ni, che non si è fat­to pre­gare per aiutare il suo com­pag­no di squadra, dan­do filo da torcere all’avversario.

Sur­tees ripor­ta il tito­lo a Maranel­lo, ma il suo futuro in rosso si com­pro­mette. Viene inaspet­tata­mente licenziato.

Vista l’impossibilità di avere anche un ruo­lo tec­ni­co in Scud­e­ria, ver­so la fine del ‘65 tor­na a col­lab­o­rare con Eric Broadley, l’amico che dirige­va la Lola Car Com­pa­ny e va in Cana­da, a Mosport, per cor­rere con una Lola T70. Per la rot­tura di una sospen­sione in pro­va, incap­pa in un tremen­do inci­dente in cui rischia di morire. Con grande forza di volon­tà recu­pera la for­ma fisi­ca e, tut­to som­ma­to, inizia anche bene il 1966, coglien­do la vit­to­ria al sec­on­do Gran Pre­mio in Bel­gio, l’ultimo con la Rossa. Enzo Fer­rari, però, non può per­me­t­ter­si di avere in casa un pilota che col­lab­o­ra con la con­cor­ren­za. I rap­por­ti, da quel­la cor­sa canadese, sono mutati: la comu­ni­cazione tra i due e tra il pilota e la Scud­e­ria si raf­fred­dano. Long John viene mes­so in con­dizione di andar via. Al momen­to del divorzio, Enzo Fer­rari è tagliente: “So quel­lo che per­do, non so invece quan­to perderei se lo con­fer­mas­si”.

Sur­tees pros­egue la sta­gione con una Coop­er-Maserati, con­clu­den­do il cam­pi­ona­to al sec­on­do pos­to. Poi fon­da un suo team, ma in For­mu­la 1 l’anno seguente si pre­sen­ta con l’ambiziosa Hon­da, toglien­dosi la sod­dis­fazione di tri­on­fare a Mon­za. Nel 1970, esor­disce a Brands Hatch come pilota-costrut­tore. Non salirà più sul podio. È l’unico cam­pi­one moto­ci­clis­ti­co ad aver con­quis­ta­to il tito­lo irida­to anche in For­mu­la 1.

 

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