Tra il 1960 e il 1968 ha disputato 72 Gran Premi, conquistandone 25. Ne ha incorniciati 8 con un Gran Chelem, partendo dalla pole position, mantenendo la prima posizione fino al traguardo e stabilendo il giro più veloce in gara: è Jim Clark, lo scozzese volante dall’indiscussa forza e classe.

Con il pri­mo suc­ces­so mon­di­ale del 1963, Jim Clark entra di dirit­to nell’Olimpo degli assi del volante. La sua pas­sione per le corse è sta­ta un esem­pio per molti gio­vani piloti del suo tem­po; la sua dedi­zione alla Lotus ha fat­to sì che Col­in Chap­man costru­isse mono­pos­to su misura per lui.

Parag­onare Cam­pi­oni di epoche diverse è impos­si­bile. I motivi sono diver­si: cam­bi rego­la­men­tari, l’evoluzione tec­ni­ca delle vet­ture e la qual­ità dei rivali.

Jim Clark, che di tal­en­tu­osi rivali ne ha avu­ti parec­chi, è sta­to con­sid­er­a­to il pilota più veloce di tut­ti i tem­pi, almeno fino a quan­do è inizia­ta a splen­dere nel fir­ma­men­to dei Cam­pi­oni anche la stel­la di Ayr­ton Senna, pilota in cui molti han­no riv­is­to le doti eccezion­ali del cam­pi­one scozzese.

Se al volante è dis­in­volto, forte e imbat­tibile, fuori dall’abitacolo è ris­er­va­to, timi­do, dai modi gen­tili. Chiu­so in sé, si definisce un tipo soli­tario. In pre­da a una sor­ta di costante ner­vo­sis­mo, si man­gia le unghie.

Clark sulle auto si trasfor­ma, riesce a trarre il mas­si­mo da ogni vet­tura, in quan­to dota­to di grande sen­si­bil­ità, una nat­u­rale imme­di­atez­za ed una capac­ità di con­cen­trazione tali da con­sen­tir­gli di con­durla al lim­ite mas­si­mo e, sovente, anche oltre. Il tut­to, uni­to al sen­so tat­ti­co e all’innata rapid­ità di apprendi­men­to che gli appartenevano.

Quan­do, a dici­as­sette anni, con­segue la patente di gui­da, la ges­tione dei coman­di di un’automobile gli viene nat­u­rale come res­pi­rare. Inizia a guidare a dieci anni, sulle strade del­la tenu­ta pater­na. È sem­pre più attrat­to dalle corse.

Inizia a cor­rere nei ral­ly, poi pas­sa al tur­is­mo. Nel 1958, a ven­tidue anni, nonos­tante la sua famiglia si oppon­ga, intraprende defin­i­ti­va­mente l’attività ago­nis­ti­ca e, da buon scozzese, cura al meglio i suoi affari.

Nell’ultima gara sta­gionale a Brands Hatch, si pre­sen­ta al via con una Lotus Elite nuo­va di zec­ca, mai prova­ta pri­ma. Tra le Lotus parte­ci­pan­ti, c’è anche quel­la di Col­in Chap­man, costrut­tore di quelle mac­chine e buon pilota. Clark prende il coman­do del­la cor­sa e rimane in tes­ta per otto dei dieci giri pre­visti. Poi, un con­cor­rente da doppi­are gli si intra­ver­sa davan­ti e lo fa ral­lentare. Chap­man ne approf­itta, lo sor­pas­sa e vince la cor­sa, ma d’un sof­fio davan­ti al pilota scozzese.

Il costrut­tore intu­isce di aver trova­to un pos­si­bile Cam­pi­one. Gli pro­pone un con­trat­to molto van­tag­gioso, come pilota uffi­ciale di For­mu­la Junior, For­mu­la 2, con impiego anche in For­mu­la 1. Clark lo segue in Lotus e per tut­ta la sua car­ri­era resterà lega­to a Chapman.

Ha una tat­ti­ca di gara ben pre­cisa: pren­dere la tes­ta del­la cor­sa, stam­pare un serie di giri veloci per guadag­nar­si un buon mar­gine sug­li inse­gui­tori ed infine, gestire la mec­ca­ni­ca fino al ter­mine, sem­pre con una gui­da flu­i­da, puli­ta, effi­cace e veloce, dosan­do il gas nel miglior modo pos­si­bile. Un modo di guidare che ave­va pre­so da Mas­ten Gre­go­ry, suo mod­el­lo di rifer­i­men­to, non altret­tan­to veloce.

Al Gran Pre­mio d’Italia del 1961, a Mon­za, è pro­tag­o­nista con Von Trips del tragi­co inci­dente in cui perder­an­no la vita il suo avver­sario e quat­tordi­ci spet­ta­tori. Ver­rà accusato di aver provo­ca­to il dis­as­tro a causa del­la sua gui­da spericolata.

Ne res­ta molto scos­so, si sot­trae all’inchiesta, anche se un anno dopo, tor­nan­do in Italia, ver­rà fer­ma­to dal­la Polizia e sot­to­pos­to ad un lun­go inter­roga­to­rio. Solo quan­do prevale l’ipotesi del­la fatal­ità, Clark recu­pera la serenità.

Durante lo svilup­po del­la Lotus 25 mono­scoc­ca, Col­in Chap­man si accorge che il suo pilota non è un bra­vo col­lauda­tore: la sua capac­ità di adat­tar­si anche alle mac­chine meno guid­abili gli impedisce di ril­e­varne i difet­ti e di aiutare la squadra con la mes­sa a pun­to. Il 1962, con la Lotus 25, arrivano le prime vit­to­rie iri­date. Il suo largo sor­riso, la sua con­tenu­ta esul­tan­za con due dita al cielo in seg­no di vit­to­ria, diven­tano sem­pre più popolari.

Il pri­mo Mon­di­ale lo con­quista nel ‘63. Dopo un ‘64 in cui con­clude al ter­zo pos­to, diven­ta un rul­lo com­pres­sore. Nel ‘65 tri­on­fa nel cam­pi­ona­to fran­co-bri­tan­ni­co di For­mu­la 2, si aggiu­di­ca la Cop­pa di Tas­ma­nia con sei suc­ces­si, in For­mu­la 1 vince il pri­mo Gran Pre­mio sta­gionale, salta quel­lo di Mona­co per­ché è negli Sta­ti Uni­ti, dove con­quista con la Lotus la 500 Miglia di Indi­anapo­lis; poi, pros­egue il Mon­di­ale con cinque vit­to­rie con­sec­u­tive e si aggiu­di­ca il sec­on­do tito­lo. La riv­ista “Time” gli ded­i­ca una cop­er­ti­na: “L’uomo più veloce del mon­do sulle quat­tro ruote”.

Dopo un ‘66 di tran­sizione, con la nuo­va rego­la­men­tazione per la For­mu­la 1 da 3 litri, che tro­va impreparati i team bri­tan­ni­ci, il 1967 è quel­lo dell’esordio del motore Cos­worth, volu­to dal­la Ford. Per degli accor­di pro­mozion­ali, la casa amer­i­cana impone alla Lotus, cui for­nisce i motori, l’ingaggio di Gra­ham Hill. Chap­man si ritro­va così in squadra due assi del volante. Alla pri­ma usci­ta con il Cos­worth, in Olan­da, Clark vince. Vin­cerà anco­ra, ma il tito­lo gli sfugge per man­can­za di affid­abil­ità del­la sua mono­pos­to. Il 1968 irida­to lo bat­tez­za tri­on­fan­do in Sud Africa, con pole, vit­to­ria e giro veloce.

Quel­lo, sarà il suo ulti­mo Gran Prix.

 

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