Che cosa accade se non si pongono dei limiti a chi lavora in Toyota Motorsport? Semplice: nascono auto destinate a scrivere la storia dell’automobilismo. Un esempio? La Lexus LS TMG 650. Un capolavoro che avrebbe potuto aprire una strada che, purtroppo, qualcuno scelse di non percorrere. Questione di priorità.

Cor­re­va l’anno 2012 all’Essen Motor Show, l’evento principe per i prepara­tori d’auto più o meno uffi­ciali di tut­ta Europa. Le pre­sen­tazioni di Toy­ota Motor­sport, il brac­cio arma­to di Toy­ota, sono tra le più attese. Già, arma­to, avete let­to bene, per­ché i giap­pone­si, ad Essen, stan­no per sgan­cia­re quat­tro bombe.
Ma fac­ciamo un pas­so indietro.

Per chi non lo sapesse, Toy­ota Motor­sport GmbH (spes­so abbre­vi­a­to in TMG) è il repar­to corse uffi­ciale del­la casa nip­pon­i­ca, quel­lo che negli anni novan­ta portò pri­ma la Cel­i­ca poi la Corol­la a vin­cere sulle strade di tut­to il mon­do nel WRC. Nel 1999, dopo cinque Mon­di­ali costrut­tori e tre Mon­di­ali piloti, Toy­ota decide di aver vin­to abbas­tan­za e annun­cia il ritiro dal cam­pi­ona­to del mon­do Ral­ly, com­plice anche il fat­to che la FIA dichiarò ille­gale la turbina del­la Corol­la. L’allora pres­i­dente del­la Fed­er­azione Inter­nazionale, un cer­to Max Mosley, lo definì “il dis­pos­i­ti­vo più sofisti­ca­to che abbia mai vis­to in tren­t’an­ni di corse”. Qua­si un endorse­ment all’intelligenza dei tec­ni­ci Toy­ota. Il mor­bo del Motor­sport ha ormai affet­to la casa giap­ponese. Dopo una breve par­ente­si nel mon­do delle corse endurance nel­la cat­e­go­ria GT1, Toy­ota decide di fare il grande pas­so e, nel 2002, appro­da in For­mu­la 1. A capo del prog­et­to c’è sem­pre Toy­ota Motor­sport. Risorse eco­nomiche impo­nen­ti e uomi­ni di asso­lu­to val­ore (con un cer­to Luca Mar­mori­ni, nome che non suon­erà nuo­vo agli appas­sion­ati di For­mu­la 1, a capo dei motoristi) non baster­an­no per portare i giap­pone­si ai ver­ti­ci del Cam­pi­ona­to. Vari prob­le­mi nel­la ges­tione del team e nel­lo svilup­po del­la vet­tura non per­me­t­ter­an­no mai alla scud­e­ria giap­ponese di fare il salto di qual­ità per impor­si in un cam­pi­ona­to dal liv­el­lo altissi­mo. La scar­sità di risul­tati e la crisi eco­nom­i­ca fan­no sì che al ter­mine del­la sta­gione 2009 Toy­ota sia costret­ta ad annun­cia­re, durante una con­feren­za stam­pa sur­reale tenu­ta dal vis­i­bil­mente com­mosso pres­i­dente Akio Toy­o­da, il ritiro. Il bot­ti­no ottenu­to in otto anni di espe­rien­za fu piut­tosto mis­ero, con­sid­er­ate le risorse di cui il colos­so nip­pon­i­co ha sem­pre dis­pos­to: 0 vit­to­rie, 3 pole posi­tion e 13 podi.

Se il prog­et­to For­mu­la 1 è fal­li­to, lo stes­so non si può dire tut­tavia per Toy­ota Motor­sport. Il cuore del repar­to corse giap­ponese pul­sa anco­ra e nel­la sede di Colo­nia c’è grande fer­men­to. Ma soprat­tut­to tan­ta voglia di rival­sa, di dimostrare che la man­can­za di risul­tati non va cer­to impu­ta­ta a loro. Nel 2010 inizia la prog­et­tazione del­la Toy­ota TS030 Hybrid, che san­cirà, due anni più tar­di, il ritorno del­la Casa auto­mo­bilis­ti­ca nip­pon­i­ca a Le Mans e, par­al­le­la­mente a tut­to ciò, in Giap­pone prende cor­po l’idea di affi­dare alla divi­sione euro­pea lo svilup­po di un’auto per il ritorno nel mon­do dei Ral­ly. Con­tem­po­ranea­mente, Toy­ota chiede ai suoi uomi­ni a Colo­nia di trasferire l’enorme know-how acquisi­to in otto anni di For­mu­la 1 in una con­cept car che dimostri tut­to il poten­ziale tec­no­logi­co del­la divi­sione sporti­va di Toy­ota. Un’occasione d’oro per i ragazzi di Toy­ota Motor­sport, che pote­vano dimostrare final­mente non solo le loro capac­ità, ma anche che tut­ta l’esperienza acquisi­ta in F1 non pote­va e non dove­va essere spre­ca­ta. Ora che il pro­gram­ma nel mas­si­mo cam­pi­ona­to auto­mo­bilis­ti­co era ter­mi­na­to, si pro­fila­vano quin­di nuove oppor­tu­nità per TMG. Inoltre, sem­pre nel 2010, l’incarico di pres­i­dente di Toy­ota Motor­sport GmbH pas­sa nelle mani di Yoshi­a­ki Kinoshi­ta, ex vicepres­i­dente, un uomo cresci­u­to all’interno dell’azienda, dove entrò nel 1978, a soli 22 anni, per non uscirne più. Kinoshi­ta è ben con­scio delle pos­si­bil­ità inespresse che si celano dietro il prog­et­to TMG ed ha gran­di prog­et­ti per i suoi ragazzi. Uno di questi è trasfor­mare un’ala dell’industria di Colo­nia per met­ter­la a servizio del­la pro­duzione stradale e sfi­dare i colos­si tedeschi: AMG e BMW Motor­sport. Per far sì che ciò acca­da, bisogna però dimostrare ai diri­gen­ti in Giap­pone che TMG non ha nul­la da invidiare ai rivali di Affal­ter­bach e Mona­co di Baviera. I tec­ni­ci di Toy­ota Motor­sport con­ven­gono che le strade per­cor­ri­bili per cen­trare l’obiettivo sono due: sfruttare un’auto su cui si è già lavo­ra­to, come l’allora neona­ta GT86 o la Yaris, oppure creare qual­cosa di com­ple­ta­mente nuo­vo, invaden­do quel­lo che era sta­to, fino a quel momen­to, il ter­reno di cac­cia delle divi­sioni sportive di Mer­cedes e BMW. Ovvi­a­mente la scelta ricade sul­la sec­on­da ipote­si. Dopo due anni di lavori inces­san­ti, nel 2012 Toy­ota Motor­sport sceglie l’Essen Motor Show per sgan­cia­re sul mon­do dell’automotive le quat­tro bombe di cui parlava­mo inizial­mente. Una è la già cita­ta Toy­ota TS030 Hybrid, des­ti­na­ta alla cat­e­go­ria LMP1 del Cam­pi­ona­to Mon­di­ale Endurance, poi ci sono la GT86 CS-V3 riv­ol­ta ai pri­vati che vogliono com­petere nel­la cat­e­go­ria VLN e la Yaris R1A, ovvero l’auto che dec­re­ta il ritorno in grande stile di Toy­ota nel mon­do delle com­pe­tizioni ral­lis­tiche, par­tendo appun­to dal­la cat­e­go­ria R1. E poi c’è lei, l’unica vet­tura stradale, la Lexus LS TMG 650.

“Pote­va­mo cer­ta­mente scegliere un’auto molto leg­gera, ma sarebbe sta­to trop­po sim­i­le a quel­lo che abbi­amo fat­to fin ora in ter­mi­ni di pro­toti­pazione e di pic­cole auto sportive. Quin­di abbi­amo prefer­i­to scegliere una ben più grande Lexus, pren­dere la conoscen­za e la com­pe­ten­za che abbi­amo mat­u­ra­to in For­mu­la 1 usan­do i pro­ces­si e le strut­ture che abbi­amo al TMG di Colo­nia e met­ter­le in prat­i­ca per dimostrare cosa si può real­mente fare con un’auto come questa…”.

Le parole di Alas­tair Mof­fitt, respon­s­abile del­la comu­ni­cazione di Toy­ota Motor­sport GmbH, las­ciano inten­dere che l’obiettivo pri­mario era uno: stupire. E ce l’hanno fat­ta eccome. La vet­tura alla base del prog­et­to è la Lexus LS 460 pre-restyling su cui i tec­ni­ci Toy­ota han­no lavo­ra­to per tre anni miglio­ran­done ogni aspet­to e per­fezio­nan­do il tut­to sul cir­cuito del Nür­bur­gring.

È come un par­co giochi per ingeg­neri… pros­egue Mof­fitt, “per­ché ci sono vera­mente tante aree di svilup­po dove abbi­amo ottimiz­za­to tut­to ciò che pote­va­mo…”.

I risul­tati sono sot­to gli occhi di tut­ti: 650 CV, oltre 700 Nm di cop­pia, una veloc­ità mas­si­ma che sfon­da la soglia dei 320 km/h ed uno scat­to 0–100 km/h cop­er­to in 3,8 sec­on­di. Il V8 aspi­ra­to che era mon­ta­to in orig­ine sul­la LS 460, denom­i­na­to 1 UR-FSE, viene dota­to di due tur­bo­com­pres­sori e abbina­to ad un cam­bio auto­mati­co ad otto veloc­ità con pad­dle al volante. Per far sì che questo mostro pos­sa fer­mar­si, Toy­ota Motor­sport si affi­da all’italiana Brem­bo, che for­nisce un impianto frenante con dis­chi car­bo­ce­ram­i­ci sim­ili a quel­li svilup­pati per un’altra Lexus, la LFA, com­ple­tan­do l’opera con tubi in trec­cia di derivazione aeronautica.

La car­rozze­ria orig­i­nale viene stra­vol­ta. L’auto misura ora 5,09 metri di lunghez­za rispet­to ai 5,03 metri del­la ver­sione orig­i­nar­ia ed è larga 197 cen­timetri, ben 9 cen­timetri in più di una comune LS 460. Quel­la che era un’elegante berli­na di alta gam­ma diviene dunque un mostro da pista che pun­ta tut­to sull’aggressività. Ma non è una mera ques­tione estet­i­ca. Il body kit in fibra di car­bo­nio del­la TMG 650 è sta­to stu­di­a­to dai tec­ni­ci Toy­ota nel­la gal­le­ria del ven­to di Colo­nia, la stes­sa che veni­va uti­liz­za­ta per gli stu­di aero­d­i­nam­i­ci sui boli­di di For­mu­la 1, affinché l’auto potesse essere estrema­mente guid­abile sia su stra­da che in pista nonos­tante il peso (due ton­nel­late cir­ca) non gio­casse cer­to a suo favore.
Sot­to cotan­ta aggres­siv­ità si cela un sis­tema Mul­ti­link al pos­te­ri­ore con molle eli­coidali e ammor­tiz­za­tori Sachs abbinati ad un dif­feren­ziale Tors­en a slit­ta­men­to lim­i­ta­to. I cer­chi sono dei BBS da ven­ti pol­li­ci incas­to­nati all’interno di un treno di cor­saiole Miche­lin Pilot Sport tan­to larghe quan­to basse: 295/35.

A stupire sono anche gli interni. Molti addet­ti ai lavori si aspet­ta­vano un abita­co­lo spoglio, con lo stret­to nec­es­sario per arrivare dal­la casa alla pista. I tec­ni­ci TMG han­no invece man­tenu­to tut­ti i com­fort che una Lexus deve avere. Le uniche mod­i­fiche con­cesse ai lus­sureg­gianti interni del­la LS orig­i­nale, sono state l’introduzione di una cop­pia di sedili in pelle più sportivi in pelle e Alcan­tara, un volante più adat­to ad un uso sporti­vo e una nuo­va leva del cam­bio, men­tre la parte supe­ri­ore del cock­pit è sta­ta parzial­mente rivista.

“Abbi­amo inizia­to a lavo­rare su quest’auto nel 2010, ques­ta è la terza ver­sione. All’inizio vol­e­va­mo creare una vera For­mu­la 1 com­bi­na­ta con una berli­na. Stava­mo svilup­pan­do un motore con 800 cav­al­li. Poi abbi­amo pre­so tut­to ciò che ave­va­mo impara­to da quel pri­mo lavoro, l’abbiamo rifini­to il più pos­si­bile, ma con­cen­tran­do­ci su una sua appli­cazione stradale. Quin­di abbi­amo inizia­to a proi­ettare lo sguar­do ver­so le nuove rego­la­men­tazioni Euro 5, ci siamo con­cen­trati sul risparmio di car­bu­rante e sul creare un’auto che fos­se prat­i­ca…”.

Le parole di Mof­fitt fan­no capire quan­to lavoro si nasconde dietro ques­ta super­car che mette in mostra tutte le eccezion­ali poten­zial­ità di Toy­ota Motor­sport. Il respon­s­abile del­la comu­ni­cazione di TMG non fa poi mis­tero del fat­to che a Colo­nia siano ecc­i­tati dal­la prospet­ti­va che la loro opera pos­sa essere il pre­lu­dio ad una disce­sa in cam­po nel mon­do delle auto sportive di gam­ma alta:

“Vogliamo pen­sare che alcu­ni degli svilup­pi che abbi­amo mostra­to su quest’auto pos­sano essere appli­cati in futuro alle auto stradali. Cre­di­amo di essere vera­mente for­ti nel creare dei pro­totipi che pos­sono essere poi uti­liz­za­ti da Toy­ota o dal grup­po Lexus per la pro­duzione di auto di serie. Spe­ri­amo che pos­sa essere un momen­to entu­si­as­mante, vogliamo essere più coin­volti nelle auto da stra­da, è un’industria molto inter­es­sante e com­pet­i­ti­va e vogliamo dare il nos­tro con­trib­u­to al brand…”.

L’appello di Mof­fitt è rimas­to però inascolta­to: Toy­ota non ha mai dato il via lib­era per la pro­duzione in serie di auto marchi­ate TMG, pref­er­en­do non entrare nel mer­ca­to delle berline di lus­so ad alte prestazioni e focal­iz­zan­do tut­ti gli sforzi sui motori ibri­di ed elet­tri­ci. Non sapre­mo mai, quin­di, se TMG avrebbe potu­to rap­p­re­sentare per il grup­po Toy­ota ciò che AMG e M sono per Mer­cedes-Benz e BMW. Non vedremo mai il frut­to del con­nu­bio tra la filosofia giap­ponese e l’ingegneria tedesca appli­ca­to alla pro­duzione in serie, un auto stradale di alta fas­cia che sia opera del lavoro con­giun­to tra la pri­ma azien­da auto­mo­bilis­ti­ca al mon­do per numero di veicoli e fat­tura­to e uno dei più abili repar­ti corse del­la sto­ria mod­er­na che, esclu­den­do l’infausta espe­rien­za in For­mu­la 1, ha vin­to prati­ca­mente ovunque abbia corso.
Un vero pec­ca­to.

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