Gran Premio del Marocco 1958: il pilota inglese John Michael “Mike” Hawthorn, su Ferrari, si laurea Campione del Mondo di Formula 1. È il primo pilota inglese a conquistare il titolo iridato.

Grin­ta ed entu­si­as­mo per vin­cere, ridi­col­iz­zan­do gli avver­sari, ma sem­pre con classe ed ele­gan­za. Lo chia­ma­vano “il pilota col far­falli­no” per­ché, in quel­la For­mu­la 1 sen­za tute ignifughe, la sua abit­uale ed ele­gante tenu­ta di gara era com­pos­ta da un giub­bi­no verde inglese, cam­i­cia e cra­vat­ta a farfalla.

Pri­ma del­la parten­za dei Gran Pre­mi, Hawthorn esi­bisce la sua fierez­za ponen­dosi di fian­co alla sua vet­tura, eret­to, qua­si impi­etri­to, fis­san­do l’infinito. Si con­cen­tra, o forse, mira lon­tano in cer­ca del suo futuro.

Pur di bat­tere i col­leghi, Mike gui­da come un diavo­lo, per­ché se cor­rere lo diverte, scon­fig­ger­li duel­lan­do in pista lo nutre di un inti­mo, immen­so piacere, forse più grande del­la sod­dis­fazione di vin­cere una cor­sa sen­za lottare. Quan­do è in gior­na­ta non ha rivali, la sua auda­cia azzera cal­coli e prudenze.

Nel 1953, alla sua pri­ma sta­gione con il Cav­alli­no Ram­pante, con­quista il Gran Pre­mio di Fran­cia, met­ten­dosi alle spalle piloti come Fan­gio, Gon­za­les, Ascari, Fari­na e Villoresi.

Durante la sua car­ri­era, però, non riesce ad esprimere con costan­za il suo tal­en­to a causa di alcu­ni tragi­ci even­ti che con­dizion­er­an­no la sua esisten­za. Pri­mo fra tut­ti, la perdi­ta del padre, pro­pri­etario di un avvi­a­to garage, che gli ave­va trasmes­so la pas­sione per le corse in auto e l’aveva sem­pre sostenu­to nonos­tante le lim­i­tate disponi­bil­ità finanziare, facen­dogli da accom­pa­g­na­tore e consigliere.

Nel­la 24 ore di Le Mans del ‘55, con la Jaguar, effet­tua un’improvvisa manovra e viene coin­volto nel più tragi­co inci­dente del­la sto­ria dell’automobilismo, che causa 84 mor­ti (il pilota del­la Mer­cedes Pierre Lev­egh e 83 spet­ta­tori) e oltre 100 feriti.

Hawthorn, addi­ta­to come respon­s­abile, viene allon­tana­to dall’ambiente delle corse per­ché con­sid­er­a­to un peri­co­lo. Dopo un 1956 di tran­sizione, Enzo Fer­rari, con­tro­cor­rente, lo assume al pos­to del plu­ri­ti­to­la­to Fan­gio: vol­e­va dimostrare che le sue mac­chine era­no comunque vin­cen­ti sen­za il cam­pi­one argentino.

In Fer­rari, Hawthorn tro­va il suo con­nazionale Peter Collins, e Lui­gi Mus­so, con cui non cor­re­va buon sangue. La causa del dis­s­apore, era un inci­dente tra i due in cui era sta­to pro­prio Mus­so ad avere la peg­gio, frat­turan­dosi il baci­no. Con Collins, invece, Mike stringe­va un forte legame d’amicizia. Nel ‘58, con Peter Collins, Lui­gi Mus­so e Stir­ling Moss, è tra i favoriti alla con­quista del titolo.

Sul cir­cuito del Nür­bur­gring, Hawthorn è tes­ti­mone del­la morte del suo grande ami­co Collins: subito dopo si riti­ra, uffi­cial­mente per un guas­to alla macchi­na. Da quel momen­to, però, il suo sor­riso si speg­ne. Scon­volto e intris­ti­to, pros­egue il cam­pi­ona­to. Nell’ultima pro­va, in otto­bre a Casablan­ca, con­clude sec­on­do dietro Moss e con­quista il pri­ma­to mon­di­ale.

Con una sola vit­to­ria con­tro quat­tro di Moss, ma un solo ritiro con­tro cinque del rivale, ave­va total­iz­za­to 42 pun­ti, uno più dell’avversario.

Durante la cor­sa, l’americano Stu­art Lewis-Evans era sta­to vit­ti­ma di un brut­to inci­dente, ustio­nan­dosi grave­mente.Con le corse ho chiu­so, pro­nun­cia una vol­ta sce­so dal­la macchi­na al ter­mine del­la cor­sa. Sul momen­to nes­suno lo pren­de­va sul serio: dopo un mese cir­ca, con­fer­ma uffi­cial­mente il suo ritiro.

Trop­pi even­ti dram­mati­ci ave­vano defin­i­ti­va­mente mira­to la sua serenità.

Anche Lewis-Evans era dece­du­to pochi giorni dopo l’incidente. Gius­ti­ficò così il suo ritiro: “Meglio far­si chiedere per­ché ti sei riti­ra­to, piut­tosto che sen­tir­si chiedere per­ché non ti ritiri”.

Con­tro il des­ti­no, però, non ha potu­to nul­la. Dopo qualche set­ti­mana, in un triste giorno di gen­naio, perde il con­trol­lo del­la sua Jaguar sull’asfalto vis­ci­do ed esce di stra­da, moren­do sul colpo, a soli 29 anni.

 

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