Juan Manuel Fangio: cinque titoli in sette anni, dal 1951 al 1957, il primo con Alfa Romeo, poi nel ’54 con Maserati e Mercedes, ancora Mercedes nel ’55, nel ’56 con Ferrari e l’ultimo, nel ’57, con Maserati. Il primo Campionissimo.

E se ogni Cam­pi­one si giu­di­ca in relazione alla sua epoca, quel­la dell’argentino Juan Manuel Fan­gio è molto lun­ga, dura dal­la metà degli anni Trenta alla fine degli anni Cinquan­ta. In questo lun­go peri­o­do, “El Chue­co” (sopran­nome ered­i­ta­to dai tem­pi in cui gio­ca­va a cal­cio e che vuol dire “gambe storte”), dimostra di essere un grande pilota. Fan­gio si affer­ma con mer­i­to anche in For­mu­la 1, cat­e­go­ria al ver­tice delle com­pe­tizioni auto­mo­bilis­tiche, isti­tui­ta dal 1950 per indi­vid­uare, con un cam­pi­ona­to di duris­si­mi Gran Pre­mi su cir­cuiti pres­ti­giosi, il miglior pilota d’auto da cor­sa al mondo.

Abil­ità, capac­ità di gui­da, intel­li­gen­za e deter­mi­nazione non comu­ni in un cor­po bas­so e mas­s­ic­cio: la supe­ri­or­ità di Fan­gio è tale che solo a sen­tir­lo nom­inare si pro­va la soggezione che l’alunno ha nei riguar­di del mae­stro, molti gli attribuis­cono una potente forza men­tale, una sor­ta di mag­net­ismo dom­i­nante. Il suo dominio sporti­vo si con­cretiz­za in pista, quan­do vedere il Mae­stro all’opera fa venire i bri­v­i­di. Per Stir­ling Moss è il più grande pilota di tut­ti i tem­pi, lo definisce “Sem­plice­mente un Dio!”.

Ven­ti­quat­tro vit­to­rie su cinquan­tadue Gran Pre­mi dis­pu­tati. Il suo “seg­re­to”, un’ottima com­bi­nazione di fat­tori. Pre­ci­sione: ad ogni giro le sue ruote cur­vano nel­lo stes­so pun­to del prece­dente. Rispet­to per le mac­chine e conoscen­za dei suoi ele­men­ti: cam­bia dif­feren­ziali, smon­ta e rimon­ta i motori, sa rea­gire di fronte a situ­azioni inaspettate.

Nei pri­mi mesi del 1949, pro­va una mono­pos­to all’autodromo di Mod­e­na. Enzo Fer­rari va ad osser­var­lo e res­ta col­pi­to dal suo stile di gui­da: usci­va dalle curve, per­corse a grande veloc­ità, restando nel mez­zo del­la pista, non “sbar­ban­do le balle di paglia” come face­vano qua­si tut­ti gli altri piloti. I due si incon­tra­no, par­lano insieme. Per Fer­rari, Fan­gio sarebbe diven­ta­to presto cam­pi­one del mondo.

È il 1950 quan­do l’Alfa Romeo lo chia­ma per cor­rere nel pri­mo cam­pi­ona­to mon­di­ale di For­mu­la 1. Dopo un esor­dio non for­tu­na­to a Sil­ver­stone, nel sec­on­do appun­ta­men­to sta­gionale a Mona­co, l’argentino unisce alle sue doti di col­lauda­tore e mec­ca­ni­co un’intuizione ai lim­i­ti del sovru­mano, evi­ta un inci­dente mul­ti­p­lo e con­quista il suo pri­mo Gran Pre­mio con un giro di van­tag­gio. Quell’anno, Fan­gio lot­ta per il tito­lo con­tro il com­pag­no di squadra Nino Fari­na fino all’ultima gara a Mon­za, ma sarà l’italiano ad avere la meglio.

Il suo pri­mo iri­de arri­va nel 1951, quan­do al volante dell’Alfa Romeo 158 primeg­gia su tut­ti con cinque podi e tre vit­to­rie. Con il ritiro del­la casa milanese dalle com­pe­tizioni, Fan­gio inizia la ricer­ca del­la macchi­na migliore pas­san­do da un team all’altro. Un grave infor­tu­nio in For­mu­la 2 lo costringe a non cor­rere nel ’52, ma nel 1953 tor­na in pista con la Maserati chi­u­den­do il cam­pi­ona­to in sec­on­da posizione.

Nel ’54, in atte­sa che Mer­cedes appron­ti una sua vet­tura, Fan­gio inizia con Maserati e por­ta a casa due vit­to­rie. Quan­do si cala nell’abitacolo del­la fan­tas­ti­ca W196, si aggiu­di­ca in media due gare su tre e con­quista, collezio­nan­do vit­to­rie, i titoli del ’54 e del ’55. Anche l’approdo nel­la scud­e­ria di Maranel­lo nel ’56 è vin­cente: Fan­gio diven­ta per la quar­ta vol­ta cam­pi­one irida­to. Il suo carat­tere schi­vo e dif­fi­dente penal­iz­za i rap­por­ti con la Scud­e­ria, dove l’attaccamento all’azienda è fon­da­men­tale: non lega molto con Enzo Fer­rari e l’anno seguente ritor­na alla Maserati.

In ques­ta fan­tas­ti­ca anna­ta, affronta prati­ca­mente da solo team del cal­i­bro di Fer­rari e Van­wall. È infat­ti l’unico pilota del­la sua squadra a par­tire dal­la pole, a vin­cere, a com­piere giri veloci e, con una sola eccezione, anche l’unico a salire sul podio. Tut­to questo lo incoro­na del suo quin­to tito­lo mon­di­ale. È nel ’57 in Ger­ma­nia, sul mas­sacrante cir­cuito del Nur­bur­gring, che Fan­gio dis­pu­ta quel­la che viene con­sid­er­a­ta la sua gara più bel­la. Ses­to appun­ta­men­to sta­gionale: pri­ma del­la cor­sa il cam­pi­one argenti­no osser­va bene le mosse tat­tiche del­la Fer­rari. Sec­on­do lui, le vet­ture del Cav­alli­no Ram­pante com­pi­ran­no l’intero Gran Pre­mio sen­za rab­boc­care car­bu­rante. Decide così di par­tire scari­co di ben­z­i­na con gomme mor­bide. Sarà costret­to a fer­mar­si durante la cor­sa per rifornire e dovrà sostenere un rit­mo molto ele­va­to per recu­per­are il tem­po di fer­ma­ta ai box.

In gara, Fan­gio si fer­ma all’ 11° dei ven­tidue giri pre­visti. In quel momen­to è in tes­ta e con 30 sec­on­di di van­tag­gio sulle Fer­rari di Mike Hawthorn e Peter Collins, ma le dif­fi­coltà che i suoi mec­ca­ni­ci incon­tra­no per la sos­ti­tuzione di una gom­ma gli fan­no perdere una marea di sec­on­di. Rien­tra in gara in terza posizione con cir­ca 50 sec­on­di di ritar­do da Collins, ora sec­on­do. Fan­gio non perde la cal­ma e prog­et­ta un recu­pero incred­i­bile: nelle suc­ces­sive dieci tor­nate bat­te per ben nove volte il record sul giro, al 21° rag­giunge e sor­pas­sa Collins, poi vede Hawthorn, lo mette nel miri­no e pri­ma di con­clud­ere la stes­sa tor­na­ta lo supera all’interno di una cur­va a sin­is­tra, met­ten­do due ruote sull’erba.

È un suo vec­chio truc­co: soll­e­va un polverone che dis­ori­en­ta l’avversario. Inar­resta­bile, il cam­pi­one mantiene la tes­ta del­la gara sino al ter­mine. Alla fine, dichiara: “Non ho mai cor­so così velo­ce­mente in tut­ta la mia vita, e pen­so che non sarò mai più in gra­do di far­lo”. Ha vin­to dopo oltre 3 ore e mez­za di cor­sa! Dopo un 1958 anon­i­mo, il pilota argenti­no si riti­ra dalle com­pe­tizioni. Il sopran­nome “El Chue­co” cam­bia in “El Quìn­tu­ple”. Fan­gio las­cia il mon­do delle gare con un pal­mares eguaglia­to e super­a­to solo quar­an­tot­to anni più tar­di da un altro grande Cam­pi­one: Michael Schumacher.

 

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