La Jesko Absolut e la Gemera non sono solo due hypercar di ultima generazione. Riscrivono la storia, rivoluzionano il concetto di hypercar stessa. Siamo di fronte a due capolavori che racconteremo ai nostri figli.
Innovare in un settore spasmodicamente competitivo come quello delle hypercar non è cosa facile, ancor più quando si è un piccolo costruttore. Ma è proprio nell’innovazione più spinta che le case, o meglio gli atelier, viste le dimensioni artigianali, puntano spesso tutte le loro risorse, guadagnandoci in prestigio e fama, oltre che in prestazioni. E Koenigsegg, per certo, non fa minimamente eccezione.
Molte delle novità che le case sviluppano per mesi o anni interi, sono spesso sviluppate al fine di essere mostrate alla vasta platea globale nel corso della famosa rassegna Ginevrina. Tuttavia, a causa dell’annullamento del GIMS imputabile al Covid-19, il rischio di perdere gran parte dell’hype e della spettacolarizzazione delle presentazioni è diventato particolarmente reale.
Per ovviare a tale problema, la casa di Ängelholm ha deciso di allestire in proprio una presentazione in perfetto stile elvetico, con quel giusto blend di spettacolo e concretezza dal sapore squisitamente scandinavo. E le sorprese, svelate in un continuo crescendo, non sono affatto mancate.
La prima vettura a mostrarsi al pubblico è stata la Jesko Absolut, ovvero la nuova e annunciata declinazione a basso drag della omonima hypercar presentata nel corso della precedente edizione del Salone e dedicata al padre del fondatore, da cui eredita il nome. In questa sua veste, proposta quale versione alternativa a quella ad alto carico appena menzionata, la Jesko si propone quale miglior esercizio tecnico mai realizzato dal costruttore al fine di raggiungere la velocità di punta più elevata mai registrata da una Koenigsegg e i dettagli, identificabili in elementi come le nuove ruote lenticolari posteriori, la doppia pinna dorsale, l’assenza dello spoiler e la nuova coda, sembrano rivelare appieno tale scopo. Ad essi, in più, si aggiunge il valore del Cd che, con un valore di solo 0.278, stabilisce un nuovo record nella categoria e che è stato reso possibile anche dalla riduzione del carico aerodinamico dai precedenti 1400 kg agli attuali 150 kg.
Giunti a tale punto, sarebbe stato per tutti legittimo aspettarsi, al massimo, ulteriori dettagli visivi della nuova nata al fine di concludere la presentazione: ma questo, evidentemente, non rientrava nei piani di Koenigsegg che, a sorpresa, presenta una vettura totalmente inedita e che, a causa della immensa carica innovatrice, quasi pone in secondo piano il grande lavoro operato su una punta di diamante come la Jesko Absolut.
Ed ecco che, in un gioco di luci a cui fanno seguito quattro persone che, prontamente, impugnano delle valigie, compare un tipo di veicolo a cui non eravamo più abituati e, ancor meno preparati: una super-sportiva quattro posti a motore centrale. Con la Gemera, il cui nome, tra l’altro attribuito da Christian stesso a una consuetudine interlocutoria adottata dalla propria madre e derivante dall’accostamento di parole che in lingua svedese significano “dammi di più”, Koenigsegg rispolvera un concetto molto in voga negli anni sessanta e settanta che, non di rado, veniva abbracciato da una moltitudine di costruttori, come fatto da Ferrari con la Mondial e da Lamborghini con la Urraco.
In questo caso, però, non ci si è limitati unicamente ad introdurre un concetto stilistico e abitativo già di per se estremamente audace. Quel che Koenigsegg ha fatto con la Gemera è stato, infatti, un lavoro ingegneristico talmente vasto e profondo da poter essere ritenuto rivoluzionario. Facendo leva su tecnologie sviluppate unicamente “in-house”, il costruttore svedese ha posto una pietra miliare nello sviluppo di nuovi sistemi propulsivi, introducendo un’architettura ibrida diversa da qualsiasi altra introdotta prima d’ora.
Piuttosto che poggiare su un layout tradizionale composto da un motore endotermico, una semplice trasmissione automatica e una componente elettrica, Koenigsegg ha combinato tra loro alcune delle più raffinate tecnologie sviluppate da quello stesso fervido reparto tecnico da cui, ricordiamo, sono nate la trasmissione a nove rapporti della Jesko e, su tutte, il powertrain ibrido dotato di sistema KDD, ovvero il caratteristico sistema a presa diretta denominato “Koenigsegg Direct Drive.” E proprio quest’ultimo sistema costituisce uno dei due cuori pulsanti della Gemera, il cui altro organo vitale è costituito dal nuovissimo e rivoluzionario propulsore “camless” FreeValve, che fa il suo debutto proprio su questa vettura e che promette numeri mai visti prima.
Basato su un’architettura tricilindrica da due litri di cilindrata, il TFG, acronimo di “Tiny Friendly Giant”, è un propulsore di piccole dimensioni in grado di alternare piccoli numeri a grandi cifre, donde il nome anglofono apparentemente contraddittorio. Alimentato da una inusuale propulsione a base d’alcol, il nuovo gioiello di Ängelholm riesce a sprigionare elevati picchi di coppia e potenza, 600 Nm e 600 CV rispettivamente, a cui si abbinano dapprima una riduzione del 15–20% dei consumi e, soprattutto, una pressoché totale assenza di emissioni di CO2. Grazie alla tipologia di alimentazione impiegata, il nuovo propulsore è infatti in grado di aspirare più anidride carbonica di quanta realmente ne emette e ciò, da solo, ci basta ad intuire quanto di rivoluzionario ci sia nella nuova creazione della compagine svedese.
I numeri complessivi, infine, sono letteralmente da capogiro: 1700 CV, o 1.27 MW se preferite, con una mostruosa coppia complessiva di ben 3500 Nm, a cui sembrano lecitamente corrispondere gli 1.9 secondi necessari per staccare lo 0–100 e i soli 20 secondi richiesti per raggiungere quota 400 km/h. Numeri, questi, resi possibili anche dal contenimento della massa che, grazie ai 1820 Kg, si dimostra essere più bassa rispetto a quanto sarebbe stato altrimenti registrato da una vettura elettrica tradizionale e che si aggiunge alla già incredibile stringa di cifre che, per una sportiva a quattro posti e dal telaio monoscocca in fibra di carbonio, non può far a meno di stupire.